martedì 15 luglio 2014

SPALLA: SEMEIOTICA E ROTTURA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI.




Le comuni patologie del cingolo scapolo-omerale includono:
  • lesioni acute (fratture, lussazioni e rotture acute di tendini);
  • patologie croniche o ripetitive (sindrome da conflitto e la maggior parte delle rotture della cuffia dei rotatori e del capo lungo del bicipite);
  • patologie degenerative, infiammatorie e idiopatiche (artrosi gleno-omerale, acromion-clavicolare e spalla congelata);

Una rapida diagnosi differenziale si ottiene spesso valutando il principale disturbo che affligge il paziente tenendo conto della sua età e della cronicità della sintomatologia. Solitamente il principale disturbo lamentato è il dolore oppure l’instabilità. La limitazione della mobilità, della forza o della funzionalità possono accompagnare il dolore o l’instabilità, ma raramente rappresentare il disturbo principale. L’esame della spalla, come del resto avviene in qualsiasi altra valutazione clinica, dovrebbe essere preceduta da un’anamnesi approfondita. Le informazioni riguardanti lo stress professionale e l’attività sportiva sono estremamente importanti. Le professioni in cui si porta molto spesso il braccio al di sopra della testa (es. imbianchini) e sport in cui vengono richiesti compiti analoghi (pallacanestro, pallavolo, tennis…) determinano spesso disordini relativi allo spazio sotto acromiale; ad essi possono aggiungersi manifestazioni degenerative a carico dell’articolazione acromion-claveare. L’anamnesi raccolta dagli sportivi deve includere un’analisi approfondita dei movimenti eseguiti in un determinato sport.
Secondo Neer, che nel 1972 per primo descrisse gli stadi della patologia riguardante la cuffia dei rotatori, la posizione in cui la spalla è maggiormente sottoposta a fenomeni di attrito nello spazio omero acromiale è anteriore e non laterale. Quando si solleva l’arto superiore il sovraspinoso passa sotto l’angolo anteriore dell’acromion, per cui la zona di un eventuale conflitto è certamente nel tendine del sovra spinoso e può colpire secondariamente la porzione intrarticolare del capo lungo del bicipite.
Come si verifica questo complesso meccanismo?
Sappiamo che il deltoide è responsabile dell’elevazione del braccio in avanti (anteroflessione) e lateralmente (abduzione), mentre il sovraspinoso è lo starter dell’abduzione e gli altri muscoli della cuffia (sottoscapolare, sottospinoso e piccolo rotondo) agiscono da rotatori; questa descrizione classica è però incompleta. In realtà ogni contrazione del deltoide, partendo da una posizione del braccio vicino al corpo, provoca un’azione ascendente della testa dell’omero nella direzione delle fibre muscolari; l’elevazione del braccio è possibile solo se la testa dell’omero viene stabilizzata e se ruota intorno ad un pivot. L’elevazione del braccio deve essere interpretata come una rotazione della testa del’omero su di un pivot, la glenoide, grazie all’azione stabilizzatrice indispensabile della cuffia dei rotatori.
Questo movimento della testa sulla glenoide non corrisponde solamente ad un movimento di rotazione perché il conflitto acromion-trochite sarebbe immediato; è necessario che si verifichi un movimento di scivolamento progressivo verso il basso in modo da centrare la testa. Questa nozione è fondamentale nell’interpretazione della funzione dei muscoli della cuffia; essi non rappresentano soltanto dei muscoli rotatori ma anche stabilizzatori e centratori.
Quest’equilibrio tra la componente ascensionale del deltoide e quella di stabilizzazione della cuffia è in realtà precario perché il deltoide risulta molto potente rispetto agli altri gruppi muscolari sopracitati. Quando questo equilibrio si rompe, l’azione del deltoide prevale e si ha un’ascensione della testa omerale; essa provoca “l’urto” della borsa sierosa e del tendine sovraspinato contro il bordo antero-inferiore dell’acromion; gli effetti dello schiacciamento di queste strutture e dell’usura saranno tanto maggiori quanto più evidente risulta lo squilibrio tra deltoide e muscoli rotatori.

Molto spesso la rottura della cuffia altro non è che il terzo ed ultimo stadio evolutivo nella sindrome da impingment. Questa sindrome prevede infatti 3 stadi evolutivi progressivamente ingravescenti:
1°) STADIO INIZIALE, REVERSIBILE, DI TIPO INFIAMMATORIO: corrisponde alla fase flogistica della sindrome, la cuffia è intatta, le radiografie standard sono normali. Si presenta prevalentemente in soggetti giovani con una sintomatologia dolorosa che compare dopo attività fisica, talvolta la notte ed il giorno seguente. È un dolore che si esacerba con la pressione locale e scompare con il riposo. La lesione anatomo-patologica è caratterizzata da un edema e da micro emorragie rilevabili all’ecografia, mentre il tendine inserzionale del sovraspinoso nel suo insieme mantiene uno spessore normale.
2°) STADIO DEGENERATIVO: è il risultato recidivante di episodi infiammatori precedenti; è caratterizzato da alterazioni strutturali irreversibili in cui predomina la fibrosi. Si presenta più frequente in soggetti di età superiore ai 25 anni, in soggetti di età inferiore compare quando raggiunge un’anzianità di carriera agonistica superiore almeno di 5-10 anni. La sintomatologia clinica è caratterizzata da dolore che compare e si esacerba durante l’attività fisica; la motilità scapolo-omerale permane soddisfacente nella pratica di attività leggere, pur con limitazione funzionale, specie quando il braccio viene portato sopra la testa. Le alterazioni anatmo-patologiche consistono in rotture fibrillari, calcificazioni del sovraspinoso, fenomeni più o meno gravi di tenosinovite del capo lungo del bicipite. All’Eco si riscontrano immagini di ispessimento e disomogeneità strutturale del tendine, in vicinanza dell’inserzione del trochite omerale.
3°) ROTTURA DELLA CUFFIA: clinicamente la sintomatologia è caratterizzata da un dolore permanente che non cede a riposo (spalla dolorosa cronica), talvolta sveglia il soggetto durante la notte e gli impedisce di dormire sulla spalla; è positivo il segno di Jobe; anche la radiografia standard della spalla può evidenziare la rottura della cuffia per la caratteristica immagine della testa omerale “risalita” che restringe lo spazio subacromiale
L’INDIRIZZO TERAPEUTICO prevede il riposo assoluto, ed interventi mirati ed adeguati alle fasi, acuta o conica, dell’infiammazione. Il posizionamento dell’arto in un tutore è adottato nel corso di manifestazioni acute iperalgiche e nel trattamento di rotture parziali. L’arto è mantenuto sospeso nel tutore in una posizione corrispondente a 70° abduzione, 30° anteposizione e 20° extrarotazione; tale posizione mantiene dislocato il trochite omerale e le inserzioni del sovraspinoso e del bicipite brachiale nello spazio più largo del defilé sotto acromiale.
La durata della contenzione in tutore varia da 3 a 5 settimane in rapporto alla gravità della lesione anatomo-patologica; contemporaneamente sono previste terapie fisiche locali, ad azione vasodilatatrice e trofica ( micoonde, ultrasuoni ecc.) per risolvere eventuali edemi e/o ematomi ed evitare formazioni di miositi ossificanti.
La rieducazione motoria mirata costituisce l’intervento più importante al fine di evitare gli effetti invalidanti della patologia:
esercizi pendolari secondo Codman, o di trazione manuale, per decomprimere la testa omerale e vincere contratture riflesse;
idrokinesiterapia sia per mobilizzare sia per effettuare esercizi di rinforzo muscolare;
esercizi di potenziamento muscolare “di compenso” per attivare la funzione di “centraggio” della testa omerale durante i movimenti di elevazione del braccio. Gli esercizi possono essere eseguiti usando fasce elastiche, di spessore diverso in modo da aumentare progressivamente la resistenza. Gli stessi esercizi possono essere effettuati utilizzando carrucole o pesi leggeri. Questi esercizi sono di extrarotazione sia con braccio addotto che con braccio abdotto a 90°, e di intrarotazione. I muscoli gran dorsale e gran pettorale, possono agire da “depressori” eliminando la componente sublussale del deltoide che prevale nelle situazioni di ipovalidità del sovra spinoso. 
In linea generale è sempre necessario lavorare qualitativamente e non quantitativamente, creare contrazioni muscolari più selettive possibili, recuperare il movimento negli ultimi gradi piuttosto che complessivo perché diventa più difficile reclutare solo il muscolo che ci interessa.

Dott.ssa Gloria Spadoni gloria_spadoni@hotmail.it
Fisioterapista

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