venerdì 10 ottobre 2014

PROTEINE & MEZZE VERITA'



PREMESSA

Da sempre, siamo portati a credere che per assumere proteine sia necessario mangiare animali o i loro derivati: reiteriamo così il mito... dimenticando che anche le cellule vegetali necessitano di proteine per vivere.

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INTRODUZIONE ALLE PROTEINE

Le PROTEINE (o PROTIDI) rientrano nella classe dei macronutrienti, al pari di grassi e carboidrati (ed acqua).

Chimicamente, rappresentano un ampio gruppo di composti organici formati da sequenze di AMINOACIDI, piccole unità legate tra loro attraverso legami detti 'peptidici'.
Una volta ingerite, le proteine vengono infatti scomposte nei singoli aminoacidi, prima nello stomaco grazie all'azione combinata di pepsina (enzima secreto dalle cellule peptiche della mucosa gastrica) ed acido cloridrico, per essere poi completata in sede intestinale (nel duodeno) per mano degli enzimi pancreatici.

In generale, a differenza di grassi e carboidrati (con funzione principalmente energetica), le proteine hanno principalmente funzione PLASTICA (rinnovo dei tessuti); in un uomo adulto, le proteine contenute nei tessuti corporei ammontano a circa 5 kg.

Ciononostante, le proteine possono assumere anche altre funzioni, in base alle quali possono essere distinte in: enzimi, proteine di trasporto, proteine contrattili, proteine strutturali, proteine di difesa, proteine regolatrici.
NB le proteine esprimono la maggior parte dell'informazione genetica, essendo depositarie del codice genetico (DNA e RNA del nucleo cellulare)

Le proteine sono continuamente soggette nell'organismo a demolizione e sintesi (circa 250 g/die): questo processo, denominato TURNOVER proteico, rende possibile far fronte quotidianamente alla degradazione aminoacidica, operando un'adeguata sostituzione delle proteine logorate.
In generale, solo il 5% delle proteine presenti nelnostro organismo devono essere sostituite con la dieta.

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GLI AMINOACIDI

In natura, ad oggi, sono stati individuati oltre 500 aminoacidi, ma di questi solo 20 intervengono nella sintesi proteica (22 secondo alcuni autori).

Dei 20 aminoacidi necessari per fabbricare una molecola proteica, 8 sono ESSENZIALI, ossia il nostro organismo non riesce a sintetizzarli ex-novo in quantità sufficiente a far fronte ai propri bisogni a partire da altri aminoacidi, e pertanto devono essere introdotti assolutamente con la dieta: questi sono fenilalanina, isoleucina, leucina, lisina, metionina, treonina, triptofano e valina.
Sono invece NON ESSENZIALI gli aminoacidi alanina, arginina, asparagina, aspartato, cisteina, glicina, glutammato, glutammina, istidina, prolina, serina, tirosina e taurina.
NB1 gli aminoacidi essenziali sono 8 per l'adulto; durante l'accrescimento invece risultano 9, poiché anche le richieste di istidina sono più elevate rispetto alla capacità di sintesi dell'organismo (secondo alcuni autori sono 10, vi rientrebbe anche l'arginina)
NB2 sono considerati aminoacidi 'semiessenziali' la cisteina e la tirosina, in quanto l'organismo li può sintetizzare a partire da metionina e fenilalanina

La quota di aminoacidi che quotidianamente vengono degradati si attesta mediamente intorno ai 30-40 g/die ('quota proteica di logorio'), da ripristinare con la dieta.

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LE POSIZIONI UFFICIALI

Le nozioni accademiche ci dicono, da sempre, che per valutare l'apporto proteico di un alimento occorre valutare sostanzialmente tre parametri:

1) QUANTITA'. Dal punto di vista quantitativo, da sempre gli alimenti considerati più proteici sono quelli animali.
Allorché vi è l'esigenza di assumere proteine durante un pasto, con tutta probabilità i suggerimenti dell'esperto riguarderanno carne, pesce, uova, latte o derivati.

2) DISPONIBILITA'. Si fa riferimento al quantitativo di proteine contenute nell'alimento che il nostro organismo è effettivamente in grado di digerire ed assorbire.
Sappiamo che l'assorbimento proteico da fonti animali è oltre il 90%, mentre quello da fonti vegetali si attesta tra il 70% e il 90%.
Ora, è noto che l'ossidazione di 1 grammo (g) di proteine sviluppa un calore medio di 5,65 chilocalorie (kcal).
Tuttavia, poiché il nostro organismo non è in grado di impiegare interamente l'azoto (N) in esse contenuto, il loro potere energetico si riduce a 4,35 kcal/g. A questo punto, tenendo conto delle suddette quote di assorbimento, si può affermare che, in generale (si tralascia la distinzione di fonti), le proteine forniscono in media 4 kcal/g.

NB la disponibilità può comunque variare in relazione anche alla tipologia del pasto (consumare un alimento proteico da solo mi farà assumere più proteine che in un pasto misto), la cottura (le altissime temperature scassano gli aminoacidi, trasformandoli in prodotti tossici), ecc.

3) QUALITA'. Sappiamo che le proteine alimentari non vengono utilizzate come tali, ma vengono scisse in unità peptidiche basilari, gli AMINOACIDI, che l'organismo impiega per fabbricare le proprie proteine.
Tuttavia, per vari motivi, l'organismo non riesce a convertire in proteine umane tutti i grammi di proteine alimentari: ecco che la qualità di una proteina sarà tanto più elevata quanto più il rapporto tra proteine assunte (alimentari) e proteine sintetizzate (umane) è elevato.

In generale, la valutazione della qualità proteica passa per la valutazione del profilo in aminoacidi degli alimenti (denominato PATTERN aminoacidico). In questo senso, si distinguono:
a) Proteine di alta qualità, dette anche COMPLETE (oppure di alto valore biologico o 'nobili'), ovvero formate da tutti e 8 gli aminoacidi essenziali - in adeguate proporzioni - necessari al nostro organismo, assieme agli altri non essenziali, per poter procedere con la sintesi proteica; sono le proteine derivanti dai cibi animali (carne, pesce) e loro derivati (uova, latte, formaggi, ecc.)
b) Proteine di medio/bassa qualità, dette anche INCOMPLETE (oppure di basso valore biologico), in quanto caratterizzate da quantità insufficienti di almeno un aminoacido essenziale; sono le proteine derivanti dal mondo vegetale (cereali, frutta, verdura, legumi e semi oleosi)
NB fa eccezione la soia, riconosciuta in letteratura dalla maggior parte degli autori come alimento in grado di fornire proteine di alta qualità*
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Fonti scientifiche:
* Young VR ''Soy protein in relation to human protein and amino acid nutrition'', J Am Diet Assoc 1991 Jul;91(7):828-35

Nelle proteine di medio/bassa qualità, gli aminoacidi essenziali presenti in quantità insufficienti sono detti LIMITANTI: in buona sostanza, terminate le quantità di tali aminoacidi (limitanti), non potendo produrli a livello endogeno (in quanto 'essenziali'), l'organismo cesserà - seppur temporaneamente - la sintesi proteica.

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INDICI DI QUALITA' PROTEICA

Sebbene vi siano diversi indicatori, il VALORE BIOLOGICO rimane il più celebre parametro per la valutazione della qualità proteica degli alimenti e del potenziale plastico degli aminoacidi in essi contenuti.

Dato che le proteine alimentari contengono mediamente il 16% di AZOTO (N), il loro valore biologico (VB) può essere stimato considerando la quantità di azoto effettivamente TRATTENUTO dall'organismo per i processi di accrescimento e/o mantenimento e rapportandola alla quantità di azoto complessivamente ASSORBITO dalle proteine degli alimenti:
VB = N trattenuto / N assorbito = (N alimentare – N urinario – N fecale) / (N alimentare – N urinario)

Matematicamente, notiamo che l'azoto che poi viene effettivamente trattenuto ed utilizzato dall'organismo altro non è che l'azoto complessivo assorbito dalle proteine degli alimenti consumati al netto delle perdite urinarie (azoto endogeno derivante dal catabolismo del ricambio tissutale, inizialmente allontanato dagli amminoacidi ed incorporato nell'ammoniaca, quindi eliminata con le urine sotto forma di urea) e fecali (azoto metabolico non assorbito ed espulso con le feci, derivante da enzimi digestivi, succhi biliari, mucose del tubo digerente, cataboliti e residui della flora batterica fisiologica).
NB1 all'interno delle urine, l'azoto è presente anche nell'acido urico e nella creatinina
NB2 ulteriori vie di eliminazione dell'azoto sono rappresentate dalla desquamazione cutanea, la caduta di peli e capelli, le mestruazioni, la lattazione e l'eiaculazione

In una persona mediamente sana, tendenzialmente l'azoto assorbito dalle proteine alimentari e quello successivamente allontanato dall'organismo (per via urinaria, fecale, cutanea, ecc.) si equivalgono, realizzando così un BILANCIO DELL'AZOTO pressoché nullo; tende comunque ad essere positivo (N assorbito > N allontanato) nella fase di crescita e negli sportivi in genere.
In caso invece di catabolismo proteico, il bilancio dell'azoto tende ad essere negativo (N assorbito < N allontanato).
NB secondo le indicazioni dell'OMS, nel cittadino medio, per mantenere non negativo il bilancio dell'azoto il consumo proteico quotidiano dovrebbe essere di 0,75-1 g per chilogrammo di peso ideale

Una proteina che possiede un perfetto equilibrio tra azoto assorbito e poi trattenuto (azoto proveniente degli aminoacidi delle proteine degli alimenti) presenta un valore biologico pari a 100; è il caso dell'uovo.
Di seguito sono riportati i valori biologici di alcuni alimenti (in ordine decrescente):
- uova: VB = 100%
- latte: VB = 91%
- carne bovina: VB = 80%
- pesce: VB = 78%
- soia: VB = 74%
- riso: VB = 59%
- frumento: VB = 54%
- arachidi: VB = 43%
- fagioli secchi: VB = 34%
- patate: VB = 34%

Osserviamo, però, che nella formula del VB, l'azoto assorbito - presente al denominatore - indica che il valore biologico è un parametro che tiene conto sì della quantità delle proteine, della loro qualità e del rapporto reciproco degli aminoacidi essenziali in esse contenute, ma non della particolare digestione delle stesse.
In effetti, non tutte le proteine alimentari vengono digerite allo stesso modo, talune possono infatti risultare facili da digerire e tutti i loro amminoacidi vengono facilmente assimilati, mentre altre non lo sono e il nostro apparato digerente non riesce a scinderle completamente (rimangono peptidi più grossolani): in definitiva, una parte dei loro aminoacidi viene espulsa con le feci (azoto fecale presente al numeratore della formula), e questo non può che influenzare la qualità delle proteine, e dunque il rapporto tra proteine assunte (alimentari) e proteine sintetizzate (umane).

Al riguardo, vi è anche un altro indicatore, l'INDICE CHIMICO (IC), o PUNTEGGIO CHIMICO, che tiene conto sì del profilo aminoacidico delle proteine alimentari ma non dell'efficienza nel digerirle:
IC = aa / aa nella proteina di riferimento
NB1 'aa' indica l'aminoacido essenziale limitante
NB2 la proteina 'di riferimento' (o proteina 'standard' o 'test') si traduce in una combinazione tipo di aminoacidi - determinata dalla FAO - che si riferisce a una proteina umana: nell'alimentazione, essa è rappresentata dalle albumine, cioè le proteine plasmatiche dell'uovo (con VB = 100%)
NB3 si tratta di un indice teorico (non misurato rilevando concretamente la reale risposta dell'organismo), e ha il difetto di non riuscire spesso a differenziare le proteine di alta qualità (in altre parole, alcuni alimenti animali presentano tutti il medesimo IC)
Più alto è il valore assunto dall'indice, maggiore sarà la quota di aminoacidi essenziali (in milligrammi) presenti nelle proteine dell'alimento in esame.
es) ragionando in termini percentuali, se il 2% di una certa proteina fosse coperto da un dato aminoacido essenziale e il 5% fosse invece la quota dello stesso nell'albumina, allora l'indice chimico risulterebbe pari al 40%

Se desideriamo un indice che esprima l'efficienza con cui l'organismo digerisce le proteine alimentari, possiamo ricorrere al COEFFICIENTE DI UTILIZZAZIONE DIGESTIVA (CUD), o più semplicemente DIGERIBILITA' (D):
CUD = N assorbito / N introdotto con la dieta

Negli ultimi tempi, sebbene il valore biologico (VB) rimanga il più celebre, rispetto ai suddetti indicatori sta guadagnando più stima un altro parametro, l'UTILIZZAZIONE PROTEICA NETTA (NPU), per la sua capacità di tener conto sia del pattern aminoacidico che dell'efficienza digestiva:
NPU = N trattenuto / N introdotto con la dieta = VB · CUD
NB da notare come l'indice risulti anche dal prodotto tra il valore biologico (VB) e la digeribilità (D)

NB tutti gli indicatori di qualità proteica descritti sin ora si configurano come indici normalizzati da 0 a 1 (oppure da 0 a 100, se si moltiplicano i valori ottenuti per 100)

Vi è poi un altro indice, il RAPPORTO DI EFFICIENZA PROTEICA (PER), che indica l'aumento di peso conseguito (in grammi) per ogni grammo di proteina ingerita:
PER = aumento di peso / proteine consumate

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IL FABBISOGNO PROTEICO

Per quanto riguarda il fabbisogno proteico di un individuo, la razione giornaliera raccomandata (rda) è di 0.8 g/kg di peso ideale (circa 0.36 grammi di proteine per libbra di peso)*; in tale raccomandazione ci si riferisce ad un mix di proteine, in altre parole gli 0.8 g/kg sarebbero da coprire con alimenti sia animali che vegetali.
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Fonti scientifiche:
* Food and Nutrition Board, 'Recommended Dietary Allowances', National Academic Press 1989;Washington DC, 10th ed.

Il valore di 0.8 g/kg fu determinato con l'intento di raccomandare una razione giornaliera di carattere CONSERVATIVO: in altre parole, sebbene la quota media proteica giornaliera si attesti in realtà sugli 0.5 g/kg di peso ideale (è un valore medio: a qualcuno ne servono di più, ad altri di meno), è noto come in letteratura sia considerata ben più grave la condizione di carenza proteica (piuttosto che l'eccesso), ed è proprio questo aspetto che spinse la comunità scientifica a fissare un valore scrupoloso che risultasse complessivamente preventivo per la popolazione (appunto 0.8 grammi per chilogrammo di peso corporeo ideale).

Necessarie risultano allora le seguenti osservazioni:
a) le proteine costituiscono sì dei macronutrienti essenziali, ma la quota di questi realmente necessaria quotidianamente al nostro organismo è inferiore a quella frequentemente citata (15% circa in Occidente), infatti non superiore al 10% delle calorie giornaliere*; in questo senso, il valore conservativo di 0.8 g/kg inevitabilmente finisce per circoscrivere, per la maggior parte degli individui, una quota proteica giornaliera ben superiore rispetto a quella concretamente necessaria per l'organismo (comunque anche la componente soggettiva può incidere significativamente)
b) come accennato, con la generica raccomandazione di 0.8 g/kg si fa riferimento ad un mix di alimenti sia animali che vegetali: ne deriva che, in caso di regimi alimentari di stampo significativamente animale, detta quota proteica (e ripetiamo ancora una volta: conservativa) risulterebbe inferiore, al contrario risulterebbe superiore nel caso di diete vegetariane
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Fonti scientifiche:
* Food and Nutrition Board, 'Recommended Dietary Allowances', National Academic Press 1989;Washington DC, 10th ed.

es) Per meglio comprendere le suddette considerazioni, consideriamo una persona di sesso maschile di circa 70 kg, mediamente sana (senza particolari patologie), con moderata attività fisica quotidiana (lavoro) e con moderata attività fisica auspicabile settimanale (sport).
Vediamo che il suo fabbisogno proteico - che ricordiamo, ancora una volta, risulterà conservativamente stimato... - ammonta a 70 kg · 0,8 g = 56 grammi di proteine al giorno.
Ora, ricordando che 1 grammo di proteine fornisce in media 4 chilocalorie (kcal), i 56 grammi di proteine si traducono in 56 g · 4 kcal = 224 kcal giornaliere provenienti da proteine.
A questo punto, prendendo atto che la razione calorica giornaliera stimata per la persona in questione (prototipo di individuo medio secondo le suddette caratteristiche) ammonta all'incirca a 3000 kcal, possiamo infine ricavare la sua quota calorica di derivazione proteica quotidianamente raccomandata, pari a 224 kcal / 3000 kcal = 0,075, ovverosia il 7,5% circa delle calorie complessivamente introdotte nell'arco della giornata con la dieta dovrebbe provenire dalle proteine.
Si può notare che, nonostante si tratti di un maschio, non proprio esile, non anziano, mediamente sano (non ipercatabolico, ecc.), con uno stile di vita non sedentario, ciononostante rimaniamo ben al di sotto della generica quota proteica massima raccomandata del 10% (e ripetiamo un'ultima volta: le stime sono conservative).
Da notare, infine, che, pure ipotizzando una persona con frequente ed intensa attività sportiva, anche in caso di bodybuilder (per le attività cardiovascolari, la richiesta proteica è più limitata), si noti come la suddetta quota stimata (7,5%) subirebbe un moderato incremento dovuto alla maggiore attività sportiva (cultura fisica), incremento pari all'incirca a 6 g di proteine al giorno, cioè l'equivalente di 30 g di muscolo, perché questo è il valore che costituisce il LIMITE fisiologico per la crescita muscolare, arrivando così ad una quota proteica maggiorata dell'8,3% delle calorie giornaliere (provate a fare i calcoli...).
Ciò dovrebbe far riflettere tutte quelle svariate persone che tendono ad assumere quotidianamente un eccesso di proteine (con particolare riferimento ai seguaci delle diete iperproteiche): assumere troppe proteine (si intende oltre il necessario, stabilito dalla fisiologia umana) non consentirà di aumentare/migliorare i muscoli, casomai ci costringerà a svolgere dell'attività fisica di tipo cardiovascolare al fine di smaltire le calorie derivanti dalle proteine in eccesso (a differenza di grassi e carboidrati, il nostro organismo non può creare depositi proteici!) e aumenterà il rischio di sviluppare talune patologie.


NB importante aspetto da ricordare: se i vari processi metabolici (introiti calorici, idratazione, capatazione insulinica, ecc.) non si verificano efficentemente e taluni valori ematici (trigliceridemia, colesterolemia, ecc.) risultano al di fuori del range ottimale, è molto probabile che la sintesi proteica all'interno del nostro organismo non sia ottimizzata

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ECCESSI PROTEICI E SALUTE

Assumere troppe proteine con la dieta comporta sicuramente dei maggiori rischi per la nostra salute:

- OSTEOPOROSI
Le diete iperproteiche - con particolare riferimento a quelle ricche di proteine animali (i cibi animali sono, in generale, ricchi di aminoacidi solforati) - spingono il nostro organismo verso una temporanea condizione di ACIDITA': per far fronte a questa situazione di emergenza, nel tentativo di ripristinare le fisiologiche condizioni tendenzialmente alcaline, il nostro organismo tenta di riportare il livello naturale del pH (più basico), attingendo dalle riserve di taluni minerali alcalinizzanti ('riserve tampone'), in primis il CALCIO, prelevandolo da ossa, unghie, denti, ecc., finendo poi per perderlo per via urinaria, favorendo così ipocalciuria e quindi osteoporosi*, e di conseguenza un maggior rischio di dolori osteo-articolari, fratture, ecc.**
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Fonti scientifiche:
* - Zemel MB, 'Calcium utilization: effect of varying level and source of dietary protein', Am J Clin Nutr 1988 Sep;48(3 Suppl):880-3
- Kerstetter JE, Allen LH, 'Dietary protein increases urinary calcium', J Nutr 1990 Jan;120(1):134-6
** Am J Clin Nutr 1988; 48(3 Suppl):880-3 ; Am J Clin Nutr 2001; 73:118-122

- PATOLOGIE RENALI
I reni si trovano a dover compiere un'azione filtrante e depurativa molto più massiccia rispetto alla norma*, in quanto devono occuparsi dello smaltimento delle scorie azotate (maggiori quantitativi di AZOTO - non metabolizzato - circolante nel torrente sanguigno), attraverso le urine.*
In verità, su questo aspetto i pareri e gli studi scientifici sono ancora piuttosto contrastanti.
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Fonti scientifiche:
* - Dwyer JT, Madans JH, Turnbull B, Cornoni-Huntley J, Dresser C, Everett DF, Perrone RD, 'Diet, indicators of kidney disease, and later mortality among older persons in the NHANES I Epidemiologic Follow-Up Study', Am J Public Health 1994 Aug;84(8):1299-303

- CANCRO
Si è visto che, durante la cottura - specie se ad alta temperatura (e con particolare riferimento a fritture e grigliate) - delle carni animali (cibi altamente proteici), gli aminoacidi e la creatina del tessuto muscolare animale reagiscono, dando origine ad AMMINE ETEROCICLICHE, sostanze mutagene (danni al materiale genetico) e messe in relazione con vari tipi di cancro* (cancerogene).
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Fonti scientifiche:
* - Potter JD, 'Nutrition and colorectal cancer', Cancer Causes Control 1996 Jan;7(1):127-46
- De Stefani E, Ronco A, Mendilaharsu M, Guidobono M, Deneo-Pellegrini H, 'Meat intake, heterocyclic amines, and risk of breast cancer: a case-control study in Uruguay', Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 1997 Aug;6(8):573-81
- Giovannucci E, Goldin B, 'The role of fat, fatty acids, and total energy intake in the etiology of human colon cancer', Am J Clin Nutr 1997 Dec;66(6 Suppl):1564S-1571S
- vol. 29 di 'NeuroToxicology' (2008)

- OBESITA'
Il consumo di cibi altamente proteici, e soprattutto un suo eccesso, induce il pancreas a secernere una significativa quantità di insulina (ormone ipoglicemizzante), il quale a sua volta provoca la secrezione di somatomedina (IGF-1), fattore ormonale di crescita insulino-simile, che determina la proliferazione di PRE-ADIPOCITI, ovvero la formazione precoce di cellule adipose, non ancora sature di grasso ma comunque predisposte al suo accumulo: ciò aumenta evidentemente il rischio di sviluppare sovrappeso ed obesità (in special modo in età adulta, se il consumo proteico è stato notevole in età infantile)*.
Al riguardo, da notare come l'avvento delle diete iperproteiche stia gradualmente spostando l'eccesso proteico nella dieta al primo posto tra le cause di obesità nei Paesi occidentali.**
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Fonti scientifiche:
* Rolland-Cachera 1995, IJORMD 19:573
** Bujnowski D. 2011, AJDA 111:1150

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ONNIVORI E VEGETARIANI

Uno dei retaggi culturali più duri da abbattere è che senza cibi animali e/o derivati (carne, pesce, uova, latte, formaggi, ecc.) inevitabilmente cessi - quanto meno in misura significativa - l'assunzione e la conseguente sintesi proteica nel nostro organismo.

Tale convinzione è infondata, e si basa grosso modo sulle seguenti argomentazioni:

A) ''Le proteine si trovano nei cibi animali''
E' curioso come nell'immaginario collettivo, dal punto di vista quantitativo, in generale le proteine siano da ricercarsi essenzialmente nei cibi animali (carne, pesce) e loro derivati (uova, latte, formaggi, ecc.).
Si tratta di una convinzione del tutto superficiale. Al riguardo, di seguito sono riportate le quote percentuali di proteine nei principali gruppi di alimenti (valori riscontrabili consultando delle normali tabelle nutrizionali):
a) cibi animali:
- carni (manzo, pollo, pesce, ecc.): 15/23%
- uova: 13%
- latte (non umano): 3%
- yogurt: 3/4%
- formaggi: 25/35%
b) cibi vegetali:
- cereali (integrali): 14%
- legumi: 20/37%
- semi oleosi: 20/26%
- frutta secca: 20/26%
- frutta fresca: 1%
- verdura: 3%

NB affermare che, per esempio, nella verdura il quantitativo proteico ammonta al 3%, equivale a dire che, su 100 grammi teorici di prodotto edibile, circa 3 grammi sono di proteine

Come si può notare, le carni non sono in vetta alla classifica.
In effetti, il mondo vegetale vanta con orgoglio legumi (non a caso chiamati in passato 'la carne dei poveri'), semi oleosi e frutta secca, in generale quantitativamente più ricchi di proteine rispetto alle carni animali; in particolare, il primato va a una leguminosa, la soia (secca), con un 37% (circa 37 g di proteine su 100 g di prodotto edibile).

B) ''Le proteine vegetali non sono nobili''
Dal punto di vista qualitativo, si afferma che, in generale, le proteine animali sono da considerarsi di buona qualità (proteine 'complete' o 'nobili'), a differenza di quelle vegetali (proteine 'incomplete'), solitamente carenti in almeno un aminoacido essenziale (limitante): ciò si tradurrebbe in probabili carenze proteiche per i vegetariani (soprattutto per i non latto-ovo-vegetariani).
Nonostante ancora in molti ci credano, ad oggi sappiamo che tale scenario risulta piuttosto improbabile, in virtù della COMPLEMENTAZIONE proteica, fenomeno secondo il quale gli aminoacidi limitanti in un alimento vegetale vengono integrati da quelli sufficientemente presenti in un altro alimento vegetale (e viceversa), rendendo così realizzabile la normale sintesi proteica.
es) in generale, i cereali sono poveri di lisina (aminoacido essenziale) ma ricchi di metionina (aminoacido essenziale), mentre i legumi sono poveri di metionina ma ricchi di lisina: si intuisce che il problema non sussiste più se consumiamo pasta e fagioli, riso e piselli, ecc.
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Fonti scientifiche:
- Young VR ''Soy protein in relation to human protein and amino acid nutrition'', J Am Diet Assoc 1991 Jul;91(7):828-35
- Young VR, Pellett PL, 'Plant proteins in relation to human protein and amino acid nutrition', Am J Clin Nutr. 1994 May; 59 (5 Suppl):1203S-1212S
- Messina VK, Burke KI ''Position of the American Dietetic Association: vegetarian diets'', J Am Diet Assoc 1997 Nov;97(11):1317-21

Preme ricordare che, sebbene non se ne parli molto, la World Health Organization (WHO) stabilisce che una proteina può essere considerata completa quando il suo profilo aminoacidico non è più basso di quello ideale per l'uomo (ciò è stato confermato anche da altri importanti centri di ricerca in campo nutrizionale, come il Max Planck Institute), e secondo questa nuova interpretazione, quasi tutti i cibi vegetali fornirebbero proteine complete.
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Fonti scientifiche:
- Kies C, 'Bioavailability: a factor in protein quality', J Agric Food Chem 1981 May-Jun;29(3):435-40

C) ''Gli alimenti vegetali complementari devono essere consumati all'interno dello stesso pasto''
Non è così: l'idea di dover assolutamente assumere tutti gli aminoacidi essenziali all'interno di uno stesso pasto è stata da tempo abbandonata.
In effetti, l'organismo è in grado di sintetizzare proteine 'complete' a partire da quelle 'incomplete' ed integrandole attingendo dalle riserve endogene di aminoacidi liberi, il cosiddetto POOL AMINOACIDICO: in altre parole, gli aminoacidi consumati a pranzo, se non immediatamente utilizzabili, finiscono, assieme a quelli consumati a cena, in una sorta di deposito temporaneo (come dimostrato dal National Research Council), pertanto, un'eventuale carenza aminoacidica può essere benissimo compensata dagli altri cibi consumati durante la giornata.*

NB secondo alcuni autori, la compensazione può avvenire anche grazie agli alimenti consumati i giorni precedenti; in effetti, è noto che i tempi di permanenza nel pool variano a seconda degli aminoacidi (ad esempio, la lisina può arrivare a 15 giorni di permanenza, senza bisogno che le sue riserve vengano ricostituite)
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Fonti scientifiche:
* J Am Diet Assoc. 2003;103: 748-765

D) ''Le proteine vegetali sono meno assimilabili rispetto a quelle animali''
Questo è vero: come già detto (vedi terza parte del presente articolo), in generale l'assorbimento proteico da fonti animali è oltre il 90%, mentre quello da fonti vegetali si attesta tra il 70% e il 90%.

Tuttavia, ciò non influisce sulla possibilità per coloro che non consumano cibi animali - quanto meno, in misura adeguata - di riuscire ad assumere tutte le proteine necessarie alla sintesi proteica: il modesto fabbisogno proteico quotidiano (vedi quinta parte del presente articolo), le elevate quote proteiche presenti in molti alimenti vegetali e il fenomeno della complementazione proteica rendono possibile l'assunzione di tutti gli aminoacidi essenziali, e quindi un adeguato approvvigionamento proteico giornaliero.

La verità è che, anche evitando il consumo di cibi animali e derivati, allorché la dieta sia correttamente bilanciata, si può assumere tutte le proteine di cui l'organismo necessita, come suggerito dai risultati di molti studi clinici ed epidemiologici.*
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Fonti scientifiche:
* - Edwards, C.H., Booker, L.K., Rumph, C.H., Wright, W.G. and Ganapathy, S.N. (1971). 'Utilisation of wheat by adult man; nitrogen metabolism, plasma amino acids and lipids', Am. J. Clin. Nutr., 24, 181-193
- Lee, C., Howe, J.M., Carlson, K. and Clark, H.E. (1971). 'Nitrogen retention of young men fed rice with or without supplementary chicken', Am. J. Clin. Nutr., 24, 318-323
- Clark, H.E., Malzer, J.L., Onderka, H.M., Howe, J.M. and Moon, W. (1973). 'Nitrogen balances of adult human subjects fed combinations of wheat, beans, corn, milk, and rice', Am. J. Clin. Nutr., 26, 702-706
- Abdulla M Andersson I Asp NG Berthelsen K Birkhed D Dencker I Johansson CG Jagerstad M Kolar K Nair BM Nilsson-Ehle P Norden A Rassner S Akesson B Ockerman PA ''Nutrient intake and health status of vegans. Chemical analyses of diets using the duplicate portion sampling technique'', Am J Clin Nutr 1981 Nov;34(11):2464-77
- Roshanai F, Sanders TA ''Assessment of fatty acid intakes in vegans and omnivores'', Hum Nutr: Appl Nutr 1984 Oct;38(5):345-54
- Lockie AH et al, Hum Nutr: Appl Nutr 1985;41A:204-211
- Rana SK, Sanders TA ''Taurine concentrations in the diet, plasma, urine and breast milk of vegans compared with omnivores'', Br J Nutr 1986 Jul;56(1):17-27
- Draper A, Lewis J, Malhotra N, Wheeler E ''The energy and nutrient intakes of different types of vegetarian: a case for supplements?'', Br J Nutr 1993 Jan;69(1):3-19. Published erratum appears in Br J Nutr 1993 Nov;70(3):812
- Messina VK, Burke KI ''Position of the American Dietetic Association: vegetarian diets'', J Am Diet Assoc 1997 Nov;97(11):1317-21

NB sembra doveroso ricordare come nelle diete vegetariane elevata sia in genere l'assunzione di
acidi grassi insaturi (ipotrigliceridemia), colesterolo 'buono' HDL (ipocolesterolemia), proteine vegetali (secrezione di glucagone, ipoinsulinemia), vitamine e sali minerali (miglioramento delle difese immunitarie), fibra alimentare (abbattimento del carico glicemico dei pasti, ottimizzazione del transito intestinale, prevenzione del tumore all'intestino), sostanze fitochimiche (potere antiossidante)

Al riguardo, ricordiamo anche la posizione ufficiale dell'American Dietetic Association (ADA): ''A condizione che vengano consumati gli alimenti vegetali in modo variato e che venga soddisfatto il fabbisogno energetico, le proteine vegetali sono perfettamente in grado di soddisfare i fabbisogni nutrizionali. La ricerca indica che una varietà di cibi vegetali assunti nel corso della giornata è in grado di fornire tutti gli aminoacidi essenziali ed assicurare l'assunzione e l'utilizzo di azoto negli adulti sani, indicando che le proteine complementari non debbano necessariamente essere consumate all’interno dello stesso pasto''.
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Fonti scientifiche:
- J Am Diet Assoc. 2003;103: 748-765

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QUELLO CHE NON CI DICONO...

Nel 1914 fu eseguito il primo esperimento sul fabbisogno proteico, analizzando le richieste di ratti di laboratorio: i risultati ottenuti vennero considerati attendibili e rappresentativi anche per l'uomo.*
Si intuisce che ratti ed umani potrebbero essere caratterizzati da differenti esigenze proteiche e nutrizionali in genere.**
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Fonti scientifiche:
* Osborn. T ''Amino acids in nutrition and growth''. Journal of biological chemistry 17:325 1914
** Vaghefi, S.B., Makdani, D.D. and Mickelsen, O. (1974). ''Lysine supplementation of wheat proteins, a review'', Am. J. Clin. Nutr. 27, 1231-1246

In effetti, i piccoli ratti crescono molto più rapidamente dei neonati umani, il che fa desumere un loro fabbisogno proteico più elevato rispetto al nostro; con tutta probabilità, non è un caso che il latte di ratto ha un tenore proteico pari al 20%, contro il 7% di quello umano.
In questo senso, ne deriva che l'essenzialità di taluni aminoacidi per l'uomo - studiata in laboratorio sui ratti - sarebbe una questione tutta da rivedere.

Un esempio come spunto di riflessione. Consideriamo la metionina, aminoacido considerato essenziale per l'uomo, sintetizzabile a partire dalla cisteina (aminoacido non essenziale: mentre nei ratti vi è un tasso di conversione insufficiente (17%), nell'uomo risulta di gran lunga superiore (80-89%). Allora sarebbe da chiedersi: la metionina sarà davvero un aminoacido essenziale anche per l'uomo, o lo è solo per il ratto??
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Fonti scientifiche:
- Rose, W.C. and Wixom, R.L. (1955). 'The amino acid requirements of man. XIII The sparing effect of cystine on methionine requirement', J.Biol. Chem., 216, 763-773

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CONCLUSIONI

Sappiamo che le proteine rappresentano un macronutriente essenziale per il nostro organismo, ed una loro carenza mette certamente a rischio la nostra salute.
Ciononostante, la 'corsa alle proteine' è una questione che ad oggi dovrebbe ormai essere vista con umorismo, a debita distanza...

In merito alle non poche 'mezze verità' che ancora oggi ruotano attorno al contesto proteico, probabilmente gli operatori del fitness hanno ed hanno avuto (e avranno??) le loro responsabilità...

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Articolo redatto da Alessio Iodice
(Dott. in Economia dell'Ambiente, Educatore alimentare & Fitness trainer)
 

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