giovedì 11 dicembre 2014

L’OBESITA’




DEFINIZIONE

E’ l’aumento patologico della massa adiposa, per anni è stato indice di buona salute, anche se aumenta la morbilità e riduce la spettanza di vita di un individuo, ed è per questo che viene considerata una malattia.
Il rapporto tra mortalità e indice della massa corporea (misurato in kg/cm2), espone che chi ha un indice di massa corporea sotto al 25 è nella norma, da 25 a 30 aumenta ma è ancora basso, la pericolosità  aumenta in modo esponenziale con l’aumento della massa corporea fino ad arrivare ad un rischio elevato.
La frequenza di morte per il diabete e le sue complicanze aumenta di 4 volte in presenza di obesità, di 2 volte per la presenza di colecistopatia e ipertensione arteriosa.
E diventata malattia solo quando sono iniziati gli studi epidemiologici che hanno evidenziato un aumento di morte e di malattie.

EPIDEMIOLOGIA

Le stime vanno dicendo che l’obesità non solo è in aumento, ma è frequente in tutte le fasce di età; il bambino obeso sicuramente al 90% sarà un adulto obeso.
Generalmente è più frequente in una fascia di età media o anziana, è praticamente assente nelle aree in via di sviluppo perché ovviamente in correlazione con l’introito calorico, è più comune nelle donne e negli individui di colore nero, nelle classi socio-economiche più basse, dove c’è un minor controllo sulla propria alimentazione e soprattutto nell’area del mediterraneo pensano che bisogna rinunciare a talmente tante cose che almeno è giusto rifarsi con il cibo.
Per anni l’informazione sull’obesità è stato fatta solo sugli adulti, ma si è visto, con dati statistici alla mano, che 4/5 dei ragazzi obesi diventano adulti obesi perché cambia la cellularità del tessuto adiposo, che terrà per tutta la vita, quindi è bene fare informazione nelle scuole.

FISIOLOGIA

Il tessuto adiposo ha la funzione di immagazzinamento energetico, ed è quindi la fonte di energia che il nostro organismo utilizza per le richieste metaboliche; è costituito da cellule adipose (adipociti), che contengono fino al 90% di trigliceridi che vengono poi scissi in glicerolo + acidi grassi al momento dell’utilizzo.
Dopo la nascita, i precursori di questi adipociti immaturi (adipoblasti), che ognuno di noi ha come corredo ereditario, si trasformano in adipociti maturi e si ingrandiscono (diventano ipertrofici): si ha l’obesità ipertrofica normocellulare causa l’eccesso alimentare o l’aumento degli acidi grassi. Se questo accade nei bambini non c’è solo un ingrossamento degli adipociti, ma intervengono anche dei fattori di proliferazione che ne aumentano il numero, cioè gli adipociti diventano ipertrofici e iperplastici e questi si terranno per sempre (obesità iperplastica), mentre se uno diventa obeso da adulto, si ingrossano di volume ma non aumenta il numero.
Quindi partire fin da piccini con un corredo doppio delle cellule adipose predispone ad un altissimo rischio che vengano sfruttate da adulte.
Ciò significa che il bambino obeso andrà incontro a meno complicanze rispetto a quello che diventa obeso da adulto velocemente, ma anche se starà a dieta difficilmente dimagrirà, in quanto il dimagrimento si accompagna alla riduzione delle dimensioni delle cellule e non del loro numero. Avrà tutte le complicanze nella relazione sociale.

METABOLISMO DEL TESSUTO ADIPOSO

Normalmente il tessuto adiposo funge da sede di deposito dei trigliceridi, trasportati con i grassi dalle lipoproteine plasmatiche a livello dell’endotelio interagiscono con un enzima chiamata lipasi lipoproteica che li scinde in acidi grassi e monogliceridi che possono entrare nella cellula adiposa per essere nuovamente esterificate in trigliceridi, quindi il trigliceride non può passare la parete, ma viene usato come meccanismo di deposito.
Un secondo enzima presente nella cellula è la lipasi ormonosensibile, che ha un’attività lipasica, e scinde il trigliceride idrolizzandolo a seconda delle richieste periferiche.
Avremo quindi degli ormoni che tendono a depositare ed altri che tendono ad utilizzare i trigliceridi; l’equilibrio tra liposintesi e lipolisi è dato dall’intervento di altre sostanze ad azione ormonale che accelerano o l’una o l’altra cosa, tra le quali l’insulina e il cortisolo sono le più interessate, ma anche il glucagone.
La regolazione del deposito e della mobilizzazione dei grassi è data da molti ormoni: insulina, cortisolo, somatomedine, adrenalina, noradrenalina, prostaglandine, ecc. e quindi è un meccanismo piuttosto complesso.
Sicuramente l’adrenalina e la noradrenalina hanno un’effetto di stimolazione della lipolisi e quindi i famosi soggetti ipereccitati ed eccitabili è più tipico che abbiano un eccesso di lipolisi, quindi depositi lipidici non particolarmente sviluppati.
Questo per dire che ci sono delle persone che dicono “… basta che guardi quella pasta che mi ingrasso” mentre altri ne mangiano dei chili e non gli fa assolutamente nulla; questo lo traducono in … il mio metabolismo funziona o non funziona.
Sapere cosa nel metabolismo funzioni e cosa non funzioni non è facile saperlo, anche se nella pratica quotidiana è più tipico che il magro sia un soggetto scattante, iperattivo, ansiogeno oltre che ansioso, mentre è più tipico che l’obeso abbia un’habitus completamente diverso, pacioccoso, tranquillo, ecc. Questo dovuto all’effetto delle catecolamine.
Tra i vari prodotti in commercio per la riduzione dell’obesità, al di là di ridurre lo stimolo della fame, cercano di andare a lavorare sui grassi metabolizzati, lavorando sulle lipasi sia  lipoproteica che ormonosensibile.

IL PESO IDEALE

Il  peso ideale viene stabilito utilizzando una serie di formule, chiamate tabelle attuariali (tipo di popolazione,…)
Si usano fondamentalmente 4 tipi di indicatori:
  • Formula di Lorenz         (h-100) – (h-150) / 2
  • Formula di Broca           (h-104)  nella donna      (h-100)  nell’uomo
il soprappeso era definito in valore percentuale, cioè quando eravamo più grassi del 30% rispetto a quello che queste due formule dicevano si era in soprappeso.
  • Al giorno d’oggi si utilizza molto di più l’indice di massa corporea che tiene meno in considerazione  l’altezza ma di più la massa, e valuta sempre la deviazione ponderale di un individuo in rapporto al peso e all’altezza:        peso / h2  (?)
I valori normali in uomo vengono considerati tra i 20 e i 30, mentre nella donna tra il 20 e il 25; poco al di sopra di essi si parla di soprappeso, mentre molto al disopra parliamo di obesità di 1°, 2° o 3° grado.
  • Un ultimo esame è quello delle pliche cutanee, attraverso un plicometro che in alcune zone tipiche dell’organismo va a misurare lo spessore dello strato adiposo delle pliche cutanee (per individuare se quello che pesa è massa grassa o massa magra), attraverso un calcolo indiretto della massa adiposa che però nella pratica è un’esame piuttosto complesso che non si utilizza più tanto.

PATOGENESI DELL’OBESITÀ

Il motivo per il quale uno diventa obeso è da ricercare in uno squilibrio energetico che si traduce in un deposito maggiore di acidi grassi, trigliceridi, quindi più calorie, rispetto a quelle che vengono utilizzate; non ci sono altri motivi.
E ‘ possibile che questo deposito non sia dovuto ad una iperalimentazione, però è anche vero che se ingrassa è perché non brucia molto. Una delle tappe della spesa energetica del nostro organismo deve essere alterata.
Fattori che influenzano il dispendio energetico:
-    attività fisica   20%
  • termogenesi   14%  (esposizione al caldo, al freddo, o a situazioni che psichicamente      possono indurre caldo o freddo) 
-    metabolismo basale 66%
Quindi non è vero che l’attività fisica sia la maggiore responsabile del dispendio energetico, ma la gran parte del nostro dispendio energetico è dato dalla costituzione e quindi da quello che il nostro organismo deve spendere per fare le sue attività quotidiane, sul quale si può andare ad agire molto poco, a meno che non si abbia una patologia che lo cambi, quindi si può solo focalizzare l’azione o sull’ attività fisica o sull’introito calorico.
Il problema è di capire da dove derivi questa obesità per poi affrontarla; per obesità non intendiamo solo il soggetto un po’ in sovrappeso, ma delle persone che sono delle “masse umane”, molto frequenti negli Stati Uniti, ma ci sono anche in Italia, solo che si chiudono in casa.

Fattori genetici
Si è ammessa la presenza di fattori genetici, il famoso gene della sopravvivenza alla carestia, in grado di sfruttare al massimo qualunque cosa introdotta per sopravvivere alla carestia.
Sembra che alcune persone abbiano questo gene sviluppato anche in zone di non carestia; sono persone che hanno :
  • l’alterazione della cellularità del tessuto adiposo ( vedi sopra)
  • alterazione del bilancio energetico, cioè producono molto più facilmente calore rispetto ad un altro, consumando molti meno acidi grassi.
  • inattività a livello genetico, non perché sono pigri, e una ridotta attività fisica induce o aggrava il soprappeso perché si riduce il consumo calorico
  • alterazioni metaboliche genetiche: diminuzione della lipolisi e aumento della lipogenesi per alterazione della sensibilità all’insulina con conseguente iperinsulinemia.
  • Alterazioni endocrine genetiche: soprattutto alterata sensibilità periferica al T3(++) e al T4(+).

Fattori congeniti
Agiscono durante la vita intrauterina e possono essere:
  • nutrizione endouterina: cioè donne che hanno in gravidanza un regime alimentare scarsissimo (zone di carestia), tendono a sviluppare un maggior numero di bambini obesi perché si attiva il famoso gene della carestia.
  • alterazioni endocrine che possono essere associate all’obesità: ipotiroidismo congenito.
  • fattori ambientali, tipo l’alimentazione artificiale (sete confusa con la fame) o figli di madri obese che sono già fattori neonatali.
  • alterazioni ipotalamiche.

Fattori acquisiti
  • aumento dell’introito calorico
  • diminuito dispendio energetico
  • aumentate disponibilità di substrati o di ormoni che favoriscono l’accumulo di trigliceridi (patologie di tipo endocrino)
  • o, al contrario, diminuita disponibilità di ormoni che facilitino la mobilizzazione lipidica (es. il diabete).


CAUSE DI OBESITÀ

Abbiamo un’ obesità essenziale, cioè quella di cui non sappiamo l’origine che può essere iperplastica (insorgenza nella prima infanzia), è centrale, in cui l’accumulo di adipe si localizza a livello dell’addome, gli arti sono più magri, ha un peso superiore al 50-70% rispetto alla norma e non ha molti benefici con la dieta; poi c’è quella ipertrofica  in cui anche qui l’accumulo è centrale ma è più moderata. 
Abbiamo poi una serie di obesità secondarie a problemi endocrinologici: cushing, ipotiroidismo, il diabete, policistosi ovarica, oppure in patologie di tipo ipotalamico o ipofisario.
Quindi in una obesità occorre sempre verificare che non ci sia una patologia secondaria.
E ‘ stato riscontrato che su una percentuale del 100% di persone obese, il 35% sono ipofagici, cioè mangiano meno calorie rispetto alla media, il 35% sono eufagici, solo il 30% è iperfagico; da ciò si deduce che solo una piccola percentuale di obesi lo sono perché mangiano troppo,  per l’altro 70% occorre trovare una causa effettiva.
Si è visto che c’è una alterazione nella regolazione periferica dell’introito di cibo: cioè noi abbiamo dei segnali nervosi, come la distensione gastrica, che mi aumenta le afferente vagali a livello ipotalamico, il quale apprende che la persona è sazia.
Nel soggetto obeso questo meccanismo non avviene, in quanto quando la persona sente che è pieno continua a mangiare ancora per un po’, non smette subito, ma passa del tempo e lo sente più tardi.
A livello chimico si potrebbe avere l’inibizione dello stimolo della fame infondendo glucosio direttamente nell’ipotalamo, in vena porta e nel duodeno così come la vagotomia.
A livello gastroenterico invece avremo i peptidi gastroenterici che avranno un effetto sulla durata e dimensioni del pasto e gli estrogeni che inibiscono l’introito di cibo per azione sempre dell’ipotalamo.
Abbiamo così molti meccanismi regolatori della fame, molti dei quali mediati dal vago e quindi uno dei campi su cui si sta  lavorando è appunto  sull’azione del vago
Si stanno facendo studi anche sugli effetti degli ormoni, soprattutto sulla serotonina (ha anche un effetto antidepressivo, però occorrono dosaggi più bassi), anche se i farmaci che li conteneva sono stati tolti dal mercato in quanto davano dei problemi cardiaci. L’aumento della serotonina riduce l’assunzione calorica, e i farmaci avevano lo stesso effetto.

COMPLICANZE DELL’OBESITÀ

E’ altamente probabile che il grado di obesità e la sua distribuzione, sottocutanea o viscerale e l’associazione con varie malattie (o la sua complicanza) ne determinano la prognosi e quindi la spettanza di vita che diminuisce nell’obeso, mentre la spettanza di morbilità aumenta.
Abbiamo una disposizione corporea del grasso diversa: il soggetto androgeno (maschile) avrà un obesità di pancia e di torace, ed è più tipicamente viscerale andando a comprimere gli organi interni, gli toglie spazio determinando delle patologie, mentre  nel soggetto ginoide (femminile) l’obesità coinvolge anche la parte alta delle cosce, i glutei e la prima parte delle braccia.
I disturbi possono così essere diversificati in meccanici e metabolici.

Meccanici

Soprattutto osteoarticolari, con interessamento di tutte le articolazioni che devono sostenere il peso e che andranno incontro ad artrosi da sovraccarico, sono favorite le ernie
Respiratori, con dispnea, perché abbiamo una diminuizione della compliance polmonare, ossia il polmone fa più fatica a dilatarsi e a restringersi, dovuta all’accumulo di adipe (insufficienza respiratoria restrittiva) a livello del torace, andando spesso incontro al fenomeno delle apnee notturne: i grandi russatori, vanno incontro all’apnea, in quanto alla fine dell’inspirazione si fermano un attimo per  poi espirare subito dopo. Quando invece il problema diventa più severo, vanno incontro a vere e proprie apnee che possono essere molto gravi perché prolungate nel tempo, arrivando alla sindrome di Picwick per alterazione del rapporto perfusione ematica/ossigenazione ematica (rapporto ventilazione/perfusione) che poco alla volta porta alla diminuzione di O2 e all’aumento della PCo2 con acidosi respiratoria, sonnolenza e letargia.
Inoltre queste apnee notturne possono determinare, nel tempo, un resetting dei recettori periferici con una ridotta risposta all’aumento di Co2: ossia l’organismo si abitua all’aumento di Co2 e non aumenta subito la frequenza respiratoria, ma mantiene l’apnea per un periodo più lungo.
Questo fa si che si instauri un circolo vizioso che porta ad un aumento delle apnee che conducono il paziente verso una cardiopatia perché la funzionalità cardiaca cerca di supplire la funzionalità respiratoria polmonare, in quel momento inadeguata.
C’è un aumento anche dei valori dell’ematocrito, perché aumenta il numero dei globuli rossi che cercano di portare in circolo quel poco di ossigeno che c’è e ci possono essere anche alterazioni dell’EEG durante il sonno.

Metabolici

Il disturbo più frequente è l’accompagnamento con il diabete, anche se spesso ci si domanda se venga prima il diabete o l’obesità.
Molti obesi sono diabetici e molti altri sono solo pre-diabetici con intolleranza glucidica, anche se il rapporto diabete/obesità è talmente stretto che tra i 40 e i 60 anni un soprappeso del 25% determina, staticamente, un aumento significativo del rischio di diventare diabetici.
La curva glicemica da carico orale del glucosio è alterata nel 72% degli obesi con un soprappeso del 50%.
C’è una eccessiva presenza di insulina nelle isole di Langerhans che sono ipertrofiche, vi è una minor utilizzazione periferica dell’insulina e del glucosio e quindi occorre maggior insulina per fare lo stesso lavoro. Vi è quindi una riduzione delle affinità e del numero di recettori per l’insulina.
Se vengono messi a dieta, prima si riduce l’eccesso di insulina dopo la massa adiposa, quindi se anche a dieta loro dicono di non vedere risultati da un punto di vista del calo del   peso corporeo, ci sono però già risultati sul calo dell’ iperinsulinemia.
Sindrome plurimetabolica, vede la con comitanza dell’insulino-resistenza e dell’iperinsulinemia per alterazioni sia del tessuto epatico che dei tessuti periferici, quindi concomita il diabete con l’obesità, è presente anche un aumento dei trigliceridi mentre più raramente abbiamo ipercolesterolemia, e talvolta anche iperuricemia; è quindi la concomitanza di diversi fattori che vanno tutti a lavorare sull’aterosclerosi, in modo particolare aterosclerosi viscerale endocrina; quindi la sindrome plurimetabolica è il classico soggetto obeso, con iperinsulinemia, ipertrigliceridimia, l’ipercolesterolemia può esserci o non esserci, iperuricemia e ipertensione, e sembra che la collerazione tra questi fattori sia così forte che una volta che ce ne sono tre, gli altri due è quasi  automatico che arrivino nell’arco di poco tempo.                                                          
Ipertensione, è anche essa molto importante e si è visto che c’è un aumento di 2mm/Hg di pressione diastolica ogni 10 kg oltre il peso standard.
Alterazione della funzione cardiocircolatoria, molto importante perché il lavoro cardiaco aumenta con l’aumento della massa perché va comunque irrorata, aumenta la portata cardiaca, la gittata sistolica e il consumo di ossigeno, si sviluppa una ipertrofia ventricolare sinistra nel tentativo di supplire  a questa grossa massa che va irrorata, ma ciò non è sufficiente.
Il sovrappeso ha una predittività per l’arteriopatia periferica, in modo particolare per le malattie cardiovascolari, favorisce le varici.
Un’altra cosa che si trova spesso sono i calcoli colesterolici della colecisti (colelitiasi) e le variazioni nella sintesi estrogenica, cioè le donne obese in età giovanile hanno variazioni  mestruali molto importanti e possono avere anche variazioni nella loro fertilità.

Altre complicanze

Complicanze psicologiche, sociali per l’insoddisfazione della propria immagine e le varie discriminazioni a cui vanno incontro; la difficoltà ad affrontare interventi chirurgici, le infezioni, in quanto tutti i fattori di difesa sono molto ridotti per la presenza del diabete.
CONCETTO DELL’APPRENDIMENTO

Il nostro rapporto con il cibo lo impariamo nei primi due anni di vita e ce lo portiamo avanti tutta la vita.
Il cibo in un neonato è la fonte di nutrimento affettivo, cioè non introduce solo calorie, ma anche l’affettività di queste calorie, perché attraverso il latte dolce, ritrova un contatto e un qualcosa che acquieta il suo malessere, che può essere di qualunque tipo (sonno, freddo, caldo, dolore, fame, voglia di coccole, ecc.) che  può solo  esprimere con il pianto.
Quindi il cibo viene veicolato assieme ad una componente affettiva; se questo cibo nei primi 5-6 anni di vita, ma soprattutto primi 2, viene utilizzato dai genitori come sistema consolatorio di fronte a qualunque richiesta, il bambino scambia l’acquietarsi dello stimolo della fame, che comunque può essere presente, con l’acquietarsi di qualunque turba lui possa avere e quindi è probabile che diventi quell’adulto che qualsiasi cosa non va, mangiucchia qualcosa.
Questo è un trasferimento che noi impariamo a fare nei primi 2 anni di vita di una frustrazione sul cibo, che comunque gratifica e compensa una frustrazione.
Se questo meccanismo viene continuamente riproposto dai genitori, i quali danno del cibo in eccesso con l’affetto (tipico negli anni 40’ in america delle madri italiane avevano uno stuolo di bambini obesi) da adulti si avranno persone normali, perché si da tanto cibo insieme ad una buona dose di attenzioni; il problema si ha quando il cibo si sostituisce all’affetto (ti do il biberon basta che stai zitto).  

CONCLUSIONI

Attualmente viene fatta una distinzione tra le persone obese, cioè gli obesi egosintonici, che sono felici di esserlo, in pace con se stesse, disponibili, molto amorevoli, che vivono la loro obesità in modo positivo, e gli obesi egodistonici, spesso solo in sovrappeso, che vivono malissimo la loro condizione, alla continua ricerca di un qualcosa che li faccia dimagrire, perennemente a dieta, cercano farmaci, cure, molto irritabili con se stessi e in autoconflitto perché non si amano per quello che sono; questo entra in relazione con il discorso dell’anoressia e della bulimia negli adolescenti e ha molto a che fare con l’immagine corporea di sé.
Il problema dell’obesità non è tanto legato al peso, ma come questo peso viene visto nell’ambito generale della persona, in quanto gli vengono messe addosso delle caratteristiche, ossia che la persona grassa deve per forza essere quello che è pigro, che mangia troppo, che non ha voglia di fare niente, sudaticcio, cioè gli appiccichiamo delle caratteristiche che non verranno mai attribuite alla persona grande e imponente (ma non obesa).
Per anni nella nostra cultura, ora non più, ma ancora presenti  in altre culture del basso bacino mediterraneo, le donne devono essere floride, perché più è grossa e più sarà fertile.
Se abbiamo a che fare con bambini obesi, sono molti, occorre prestare attenzione alla risposta genitoriale alla fame, in quanto adesso c’è una grossa percentuale di genitori che si sentono inadatti al loro ruolo, non avendo la capacità di opporre un ruolo adulto ad un ruolo infantile, rispondono alle continue richieste con il cibo (mangia che ti passa), fino a quando il bambino, divenuto adolescente, comincia a fare ben altre richieste, e i genitori si sentono spiazzati perchè non sanno cosa dirgli.
Se la mangiata conviviale diventa un momento gioioso perché si mangia assieme, ci si distrae un po’, si scherza, il rispondere continuamente con del cibo, in certe famiglie riveste un ruolo fondamentale. C’è anche da dire che nelle famiglie attuali la cena è uno dei pochi momenti sociali della giornata e quindi riveste maggior importanza; purtroppo questo fa si che in quel momento possano venir veicolati tutti i tipi di emozioni che circolano in quella famiglia, positivi e negativi, e quindi si “mangia tutto”, cibo ed emozioni.