giovedì 11 dicembre 2014

L’OBESITA’




DEFINIZIONE

E’ l’aumento patologico della massa adiposa, per anni è stato indice di buona salute, anche se aumenta la morbilità e riduce la spettanza di vita di un individuo, ed è per questo che viene considerata una malattia.
Il rapporto tra mortalità e indice della massa corporea (misurato in kg/cm2), espone che chi ha un indice di massa corporea sotto al 25 è nella norma, da 25 a 30 aumenta ma è ancora basso, la pericolosità  aumenta in modo esponenziale con l’aumento della massa corporea fino ad arrivare ad un rischio elevato.
La frequenza di morte per il diabete e le sue complicanze aumenta di 4 volte in presenza di obesità, di 2 volte per la presenza di colecistopatia e ipertensione arteriosa.
E diventata malattia solo quando sono iniziati gli studi epidemiologici che hanno evidenziato un aumento di morte e di malattie.

EPIDEMIOLOGIA

Le stime vanno dicendo che l’obesità non solo è in aumento, ma è frequente in tutte le fasce di età; il bambino obeso sicuramente al 90% sarà un adulto obeso.
Generalmente è più frequente in una fascia di età media o anziana, è praticamente assente nelle aree in via di sviluppo perché ovviamente in correlazione con l’introito calorico, è più comune nelle donne e negli individui di colore nero, nelle classi socio-economiche più basse, dove c’è un minor controllo sulla propria alimentazione e soprattutto nell’area del mediterraneo pensano che bisogna rinunciare a talmente tante cose che almeno è giusto rifarsi con il cibo.
Per anni l’informazione sull’obesità è stato fatta solo sugli adulti, ma si è visto, con dati statistici alla mano, che 4/5 dei ragazzi obesi diventano adulti obesi perché cambia la cellularità del tessuto adiposo, che terrà per tutta la vita, quindi è bene fare informazione nelle scuole.

FISIOLOGIA

Il tessuto adiposo ha la funzione di immagazzinamento energetico, ed è quindi la fonte di energia che il nostro organismo utilizza per le richieste metaboliche; è costituito da cellule adipose (adipociti), che contengono fino al 90% di trigliceridi che vengono poi scissi in glicerolo + acidi grassi al momento dell’utilizzo.
Dopo la nascita, i precursori di questi adipociti immaturi (adipoblasti), che ognuno di noi ha come corredo ereditario, si trasformano in adipociti maturi e si ingrandiscono (diventano ipertrofici): si ha l’obesità ipertrofica normocellulare causa l’eccesso alimentare o l’aumento degli acidi grassi. Se questo accade nei bambini non c’è solo un ingrossamento degli adipociti, ma intervengono anche dei fattori di proliferazione che ne aumentano il numero, cioè gli adipociti diventano ipertrofici e iperplastici e questi si terranno per sempre (obesità iperplastica), mentre se uno diventa obeso da adulto, si ingrossano di volume ma non aumenta il numero.
Quindi partire fin da piccini con un corredo doppio delle cellule adipose predispone ad un altissimo rischio che vengano sfruttate da adulte.
Ciò significa che il bambino obeso andrà incontro a meno complicanze rispetto a quello che diventa obeso da adulto velocemente, ma anche se starà a dieta difficilmente dimagrirà, in quanto il dimagrimento si accompagna alla riduzione delle dimensioni delle cellule e non del loro numero. Avrà tutte le complicanze nella relazione sociale.

METABOLISMO DEL TESSUTO ADIPOSO

Normalmente il tessuto adiposo funge da sede di deposito dei trigliceridi, trasportati con i grassi dalle lipoproteine plasmatiche a livello dell’endotelio interagiscono con un enzima chiamata lipasi lipoproteica che li scinde in acidi grassi e monogliceridi che possono entrare nella cellula adiposa per essere nuovamente esterificate in trigliceridi, quindi il trigliceride non può passare la parete, ma viene usato come meccanismo di deposito.
Un secondo enzima presente nella cellula è la lipasi ormonosensibile, che ha un’attività lipasica, e scinde il trigliceride idrolizzandolo a seconda delle richieste periferiche.
Avremo quindi degli ormoni che tendono a depositare ed altri che tendono ad utilizzare i trigliceridi; l’equilibrio tra liposintesi e lipolisi è dato dall’intervento di altre sostanze ad azione ormonale che accelerano o l’una o l’altra cosa, tra le quali l’insulina e il cortisolo sono le più interessate, ma anche il glucagone.
La regolazione del deposito e della mobilizzazione dei grassi è data da molti ormoni: insulina, cortisolo, somatomedine, adrenalina, noradrenalina, prostaglandine, ecc. e quindi è un meccanismo piuttosto complesso.
Sicuramente l’adrenalina e la noradrenalina hanno un’effetto di stimolazione della lipolisi e quindi i famosi soggetti ipereccitati ed eccitabili è più tipico che abbiano un eccesso di lipolisi, quindi depositi lipidici non particolarmente sviluppati.
Questo per dire che ci sono delle persone che dicono “… basta che guardi quella pasta che mi ingrasso” mentre altri ne mangiano dei chili e non gli fa assolutamente nulla; questo lo traducono in … il mio metabolismo funziona o non funziona.
Sapere cosa nel metabolismo funzioni e cosa non funzioni non è facile saperlo, anche se nella pratica quotidiana è più tipico che il magro sia un soggetto scattante, iperattivo, ansiogeno oltre che ansioso, mentre è più tipico che l’obeso abbia un’habitus completamente diverso, pacioccoso, tranquillo, ecc. Questo dovuto all’effetto delle catecolamine.
Tra i vari prodotti in commercio per la riduzione dell’obesità, al di là di ridurre lo stimolo della fame, cercano di andare a lavorare sui grassi metabolizzati, lavorando sulle lipasi sia  lipoproteica che ormonosensibile.

IL PESO IDEALE

Il  peso ideale viene stabilito utilizzando una serie di formule, chiamate tabelle attuariali (tipo di popolazione,…)
Si usano fondamentalmente 4 tipi di indicatori:
  • Formula di Lorenz         (h-100) – (h-150) / 2
  • Formula di Broca           (h-104)  nella donna      (h-100)  nell’uomo
il soprappeso era definito in valore percentuale, cioè quando eravamo più grassi del 30% rispetto a quello che queste due formule dicevano si era in soprappeso.
  • Al giorno d’oggi si utilizza molto di più l’indice di massa corporea che tiene meno in considerazione  l’altezza ma di più la massa, e valuta sempre la deviazione ponderale di un individuo in rapporto al peso e all’altezza:        peso / h2  (?)
I valori normali in uomo vengono considerati tra i 20 e i 30, mentre nella donna tra il 20 e il 25; poco al di sopra di essi si parla di soprappeso, mentre molto al disopra parliamo di obesità di 1°, 2° o 3° grado.
  • Un ultimo esame è quello delle pliche cutanee, attraverso un plicometro che in alcune zone tipiche dell’organismo va a misurare lo spessore dello strato adiposo delle pliche cutanee (per individuare se quello che pesa è massa grassa o massa magra), attraverso un calcolo indiretto della massa adiposa che però nella pratica è un’esame piuttosto complesso che non si utilizza più tanto.

PATOGENESI DELL’OBESITÀ

Il motivo per il quale uno diventa obeso è da ricercare in uno squilibrio energetico che si traduce in un deposito maggiore di acidi grassi, trigliceridi, quindi più calorie, rispetto a quelle che vengono utilizzate; non ci sono altri motivi.
E ‘ possibile che questo deposito non sia dovuto ad una iperalimentazione, però è anche vero che se ingrassa è perché non brucia molto. Una delle tappe della spesa energetica del nostro organismo deve essere alterata.
Fattori che influenzano il dispendio energetico:
-    attività fisica   20%
  • termogenesi   14%  (esposizione al caldo, al freddo, o a situazioni che psichicamente      possono indurre caldo o freddo) 
-    metabolismo basale 66%
Quindi non è vero che l’attività fisica sia la maggiore responsabile del dispendio energetico, ma la gran parte del nostro dispendio energetico è dato dalla costituzione e quindi da quello che il nostro organismo deve spendere per fare le sue attività quotidiane, sul quale si può andare ad agire molto poco, a meno che non si abbia una patologia che lo cambi, quindi si può solo focalizzare l’azione o sull’ attività fisica o sull’introito calorico.
Il problema è di capire da dove derivi questa obesità per poi affrontarla; per obesità non intendiamo solo il soggetto un po’ in sovrappeso, ma delle persone che sono delle “masse umane”, molto frequenti negli Stati Uniti, ma ci sono anche in Italia, solo che si chiudono in casa.

Fattori genetici
Si è ammessa la presenza di fattori genetici, il famoso gene della sopravvivenza alla carestia, in grado di sfruttare al massimo qualunque cosa introdotta per sopravvivere alla carestia.
Sembra che alcune persone abbiano questo gene sviluppato anche in zone di non carestia; sono persone che hanno :
  • l’alterazione della cellularità del tessuto adiposo ( vedi sopra)
  • alterazione del bilancio energetico, cioè producono molto più facilmente calore rispetto ad un altro, consumando molti meno acidi grassi.
  • inattività a livello genetico, non perché sono pigri, e una ridotta attività fisica induce o aggrava il soprappeso perché si riduce il consumo calorico
  • alterazioni metaboliche genetiche: diminuzione della lipolisi e aumento della lipogenesi per alterazione della sensibilità all’insulina con conseguente iperinsulinemia.
  • Alterazioni endocrine genetiche: soprattutto alterata sensibilità periferica al T3(++) e al T4(+).

Fattori congeniti
Agiscono durante la vita intrauterina e possono essere:
  • nutrizione endouterina: cioè donne che hanno in gravidanza un regime alimentare scarsissimo (zone di carestia), tendono a sviluppare un maggior numero di bambini obesi perché si attiva il famoso gene della carestia.
  • alterazioni endocrine che possono essere associate all’obesità: ipotiroidismo congenito.
  • fattori ambientali, tipo l’alimentazione artificiale (sete confusa con la fame) o figli di madri obese che sono già fattori neonatali.
  • alterazioni ipotalamiche.

Fattori acquisiti
  • aumento dell’introito calorico
  • diminuito dispendio energetico
  • aumentate disponibilità di substrati o di ormoni che favoriscono l’accumulo di trigliceridi (patologie di tipo endocrino)
  • o, al contrario, diminuita disponibilità di ormoni che facilitino la mobilizzazione lipidica (es. il diabete).


CAUSE DI OBESITÀ

Abbiamo un’ obesità essenziale, cioè quella di cui non sappiamo l’origine che può essere iperplastica (insorgenza nella prima infanzia), è centrale, in cui l’accumulo di adipe si localizza a livello dell’addome, gli arti sono più magri, ha un peso superiore al 50-70% rispetto alla norma e non ha molti benefici con la dieta; poi c’è quella ipertrofica  in cui anche qui l’accumulo è centrale ma è più moderata. 
Abbiamo poi una serie di obesità secondarie a problemi endocrinologici: cushing, ipotiroidismo, il diabete, policistosi ovarica, oppure in patologie di tipo ipotalamico o ipofisario.
Quindi in una obesità occorre sempre verificare che non ci sia una patologia secondaria.
E ‘ stato riscontrato che su una percentuale del 100% di persone obese, il 35% sono ipofagici, cioè mangiano meno calorie rispetto alla media, il 35% sono eufagici, solo il 30% è iperfagico; da ciò si deduce che solo una piccola percentuale di obesi lo sono perché mangiano troppo,  per l’altro 70% occorre trovare una causa effettiva.
Si è visto che c’è una alterazione nella regolazione periferica dell’introito di cibo: cioè noi abbiamo dei segnali nervosi, come la distensione gastrica, che mi aumenta le afferente vagali a livello ipotalamico, il quale apprende che la persona è sazia.
Nel soggetto obeso questo meccanismo non avviene, in quanto quando la persona sente che è pieno continua a mangiare ancora per un po’, non smette subito, ma passa del tempo e lo sente più tardi.
A livello chimico si potrebbe avere l’inibizione dello stimolo della fame infondendo glucosio direttamente nell’ipotalamo, in vena porta e nel duodeno così come la vagotomia.
A livello gastroenterico invece avremo i peptidi gastroenterici che avranno un effetto sulla durata e dimensioni del pasto e gli estrogeni che inibiscono l’introito di cibo per azione sempre dell’ipotalamo.
Abbiamo così molti meccanismi regolatori della fame, molti dei quali mediati dal vago e quindi uno dei campi su cui si sta  lavorando è appunto  sull’azione del vago
Si stanno facendo studi anche sugli effetti degli ormoni, soprattutto sulla serotonina (ha anche un effetto antidepressivo, però occorrono dosaggi più bassi), anche se i farmaci che li conteneva sono stati tolti dal mercato in quanto davano dei problemi cardiaci. L’aumento della serotonina riduce l’assunzione calorica, e i farmaci avevano lo stesso effetto.

COMPLICANZE DELL’OBESITÀ

E’ altamente probabile che il grado di obesità e la sua distribuzione, sottocutanea o viscerale e l’associazione con varie malattie (o la sua complicanza) ne determinano la prognosi e quindi la spettanza di vita che diminuisce nell’obeso, mentre la spettanza di morbilità aumenta.
Abbiamo una disposizione corporea del grasso diversa: il soggetto androgeno (maschile) avrà un obesità di pancia e di torace, ed è più tipicamente viscerale andando a comprimere gli organi interni, gli toglie spazio determinando delle patologie, mentre  nel soggetto ginoide (femminile) l’obesità coinvolge anche la parte alta delle cosce, i glutei e la prima parte delle braccia.
I disturbi possono così essere diversificati in meccanici e metabolici.

Meccanici

Soprattutto osteoarticolari, con interessamento di tutte le articolazioni che devono sostenere il peso e che andranno incontro ad artrosi da sovraccarico, sono favorite le ernie
Respiratori, con dispnea, perché abbiamo una diminuizione della compliance polmonare, ossia il polmone fa più fatica a dilatarsi e a restringersi, dovuta all’accumulo di adipe (insufficienza respiratoria restrittiva) a livello del torace, andando spesso incontro al fenomeno delle apnee notturne: i grandi russatori, vanno incontro all’apnea, in quanto alla fine dell’inspirazione si fermano un attimo per  poi espirare subito dopo. Quando invece il problema diventa più severo, vanno incontro a vere e proprie apnee che possono essere molto gravi perché prolungate nel tempo, arrivando alla sindrome di Picwick per alterazione del rapporto perfusione ematica/ossigenazione ematica (rapporto ventilazione/perfusione) che poco alla volta porta alla diminuzione di O2 e all’aumento della PCo2 con acidosi respiratoria, sonnolenza e letargia.
Inoltre queste apnee notturne possono determinare, nel tempo, un resetting dei recettori periferici con una ridotta risposta all’aumento di Co2: ossia l’organismo si abitua all’aumento di Co2 e non aumenta subito la frequenza respiratoria, ma mantiene l’apnea per un periodo più lungo.
Questo fa si che si instauri un circolo vizioso che porta ad un aumento delle apnee che conducono il paziente verso una cardiopatia perché la funzionalità cardiaca cerca di supplire la funzionalità respiratoria polmonare, in quel momento inadeguata.
C’è un aumento anche dei valori dell’ematocrito, perché aumenta il numero dei globuli rossi che cercano di portare in circolo quel poco di ossigeno che c’è e ci possono essere anche alterazioni dell’EEG durante il sonno.

Metabolici

Il disturbo più frequente è l’accompagnamento con il diabete, anche se spesso ci si domanda se venga prima il diabete o l’obesità.
Molti obesi sono diabetici e molti altri sono solo pre-diabetici con intolleranza glucidica, anche se il rapporto diabete/obesità è talmente stretto che tra i 40 e i 60 anni un soprappeso del 25% determina, staticamente, un aumento significativo del rischio di diventare diabetici.
La curva glicemica da carico orale del glucosio è alterata nel 72% degli obesi con un soprappeso del 50%.
C’è una eccessiva presenza di insulina nelle isole di Langerhans che sono ipertrofiche, vi è una minor utilizzazione periferica dell’insulina e del glucosio e quindi occorre maggior insulina per fare lo stesso lavoro. Vi è quindi una riduzione delle affinità e del numero di recettori per l’insulina.
Se vengono messi a dieta, prima si riduce l’eccesso di insulina dopo la massa adiposa, quindi se anche a dieta loro dicono di non vedere risultati da un punto di vista del calo del   peso corporeo, ci sono però già risultati sul calo dell’ iperinsulinemia.
Sindrome plurimetabolica, vede la con comitanza dell’insulino-resistenza e dell’iperinsulinemia per alterazioni sia del tessuto epatico che dei tessuti periferici, quindi concomita il diabete con l’obesità, è presente anche un aumento dei trigliceridi mentre più raramente abbiamo ipercolesterolemia, e talvolta anche iperuricemia; è quindi la concomitanza di diversi fattori che vanno tutti a lavorare sull’aterosclerosi, in modo particolare aterosclerosi viscerale endocrina; quindi la sindrome plurimetabolica è il classico soggetto obeso, con iperinsulinemia, ipertrigliceridimia, l’ipercolesterolemia può esserci o non esserci, iperuricemia e ipertensione, e sembra che la collerazione tra questi fattori sia così forte che una volta che ce ne sono tre, gli altri due è quasi  automatico che arrivino nell’arco di poco tempo.                                                          
Ipertensione, è anche essa molto importante e si è visto che c’è un aumento di 2mm/Hg di pressione diastolica ogni 10 kg oltre il peso standard.
Alterazione della funzione cardiocircolatoria, molto importante perché il lavoro cardiaco aumenta con l’aumento della massa perché va comunque irrorata, aumenta la portata cardiaca, la gittata sistolica e il consumo di ossigeno, si sviluppa una ipertrofia ventricolare sinistra nel tentativo di supplire  a questa grossa massa che va irrorata, ma ciò non è sufficiente.
Il sovrappeso ha una predittività per l’arteriopatia periferica, in modo particolare per le malattie cardiovascolari, favorisce le varici.
Un’altra cosa che si trova spesso sono i calcoli colesterolici della colecisti (colelitiasi) e le variazioni nella sintesi estrogenica, cioè le donne obese in età giovanile hanno variazioni  mestruali molto importanti e possono avere anche variazioni nella loro fertilità.

Altre complicanze

Complicanze psicologiche, sociali per l’insoddisfazione della propria immagine e le varie discriminazioni a cui vanno incontro; la difficoltà ad affrontare interventi chirurgici, le infezioni, in quanto tutti i fattori di difesa sono molto ridotti per la presenza del diabete.
CONCETTO DELL’APPRENDIMENTO

Il nostro rapporto con il cibo lo impariamo nei primi due anni di vita e ce lo portiamo avanti tutta la vita.
Il cibo in un neonato è la fonte di nutrimento affettivo, cioè non introduce solo calorie, ma anche l’affettività di queste calorie, perché attraverso il latte dolce, ritrova un contatto e un qualcosa che acquieta il suo malessere, che può essere di qualunque tipo (sonno, freddo, caldo, dolore, fame, voglia di coccole, ecc.) che  può solo  esprimere con il pianto.
Quindi il cibo viene veicolato assieme ad una componente affettiva; se questo cibo nei primi 5-6 anni di vita, ma soprattutto primi 2, viene utilizzato dai genitori come sistema consolatorio di fronte a qualunque richiesta, il bambino scambia l’acquietarsi dello stimolo della fame, che comunque può essere presente, con l’acquietarsi di qualunque turba lui possa avere e quindi è probabile che diventi quell’adulto che qualsiasi cosa non va, mangiucchia qualcosa.
Questo è un trasferimento che noi impariamo a fare nei primi 2 anni di vita di una frustrazione sul cibo, che comunque gratifica e compensa una frustrazione.
Se questo meccanismo viene continuamente riproposto dai genitori, i quali danno del cibo in eccesso con l’affetto (tipico negli anni 40’ in america delle madri italiane avevano uno stuolo di bambini obesi) da adulti si avranno persone normali, perché si da tanto cibo insieme ad una buona dose di attenzioni; il problema si ha quando il cibo si sostituisce all’affetto (ti do il biberon basta che stai zitto).  

CONCLUSIONI

Attualmente viene fatta una distinzione tra le persone obese, cioè gli obesi egosintonici, che sono felici di esserlo, in pace con se stesse, disponibili, molto amorevoli, che vivono la loro obesità in modo positivo, e gli obesi egodistonici, spesso solo in sovrappeso, che vivono malissimo la loro condizione, alla continua ricerca di un qualcosa che li faccia dimagrire, perennemente a dieta, cercano farmaci, cure, molto irritabili con se stessi e in autoconflitto perché non si amano per quello che sono; questo entra in relazione con il discorso dell’anoressia e della bulimia negli adolescenti e ha molto a che fare con l’immagine corporea di sé.
Il problema dell’obesità non è tanto legato al peso, ma come questo peso viene visto nell’ambito generale della persona, in quanto gli vengono messe addosso delle caratteristiche, ossia che la persona grassa deve per forza essere quello che è pigro, che mangia troppo, che non ha voglia di fare niente, sudaticcio, cioè gli appiccichiamo delle caratteristiche che non verranno mai attribuite alla persona grande e imponente (ma non obesa).
Per anni nella nostra cultura, ora non più, ma ancora presenti  in altre culture del basso bacino mediterraneo, le donne devono essere floride, perché più è grossa e più sarà fertile.
Se abbiamo a che fare con bambini obesi, sono molti, occorre prestare attenzione alla risposta genitoriale alla fame, in quanto adesso c’è una grossa percentuale di genitori che si sentono inadatti al loro ruolo, non avendo la capacità di opporre un ruolo adulto ad un ruolo infantile, rispondono alle continue richieste con il cibo (mangia che ti passa), fino a quando il bambino, divenuto adolescente, comincia a fare ben altre richieste, e i genitori si sentono spiazzati perchè non sanno cosa dirgli.
Se la mangiata conviviale diventa un momento gioioso perché si mangia assieme, ci si distrae un po’, si scherza, il rispondere continuamente con del cibo, in certe famiglie riveste un ruolo fondamentale. C’è anche da dire che nelle famiglie attuali la cena è uno dei pochi momenti sociali della giornata e quindi riveste maggior importanza; purtroppo questo fa si che in quel momento possano venir veicolati tutti i tipi di emozioni che circolano in quella famiglia, positivi e negativi, e quindi si “mangia tutto”, cibo ed emozioni.

  

domenica 9 novembre 2014

LAVORO FUNZIONALE NEL RECUPERO DELLA CONDIZIONE ATLETICA IN UN CALCIATORE


Il ragazzo in questione si Chiama Riccardo e da un possibile futuro radioso nel calcio, si trova a dover affrontare una frattura al piatto tibiale e ad una serie di stiramenti al retto femorale. Eseguita la fisioterapia e sottoposto a fibrosi si ritrova pronto poi a rieducare la sua atleticità. Manuele Mazza lo segue in palestra e lo rieduca utilizzando degli esercizi funzionali decidendo non tanto di potenziare il quadricipite femorale ma di lavorare sugli stabilizzatori.

Il risultato Riccardo è tornato a giocare segnando già la bellezza di  6 goal !!

















venerdì 7 novembre 2014

FITOTERAPIA PER IL WELLNESS




La fitoterapia è quella pratica medica umana comune a tutte le culture e le popolazioni sin dalla preistoria, che prevede l’utilizzo di piante o estratti di piante per la cura delle malattie o per il mantenimento del benessere. Data l’antichità di questa pratica, che con tutta probabilità rappresenta il primo esempio di pratica terapeutica umana, e data la sua generalizzata distribuzione geografica, è impossibile dare una descrizione di essa in termini di un sistema terapeutico specifico. 

La fitoterapia è considerata una medicina alternativa nella maggior parte degli stati membri della UE e negli Stati Uniti, anche se alcune piante e soprattutto alcune frazioni di pianta sono riconosciuti e sfruttati anche dalla medicina scientifica tradizionale. La medicina popolare si serve di queste sostanze da tempi immemorabili. Ippocrate citava il rimedio come terzo strumento del medico accanto al tocco e alla parola.


L'uso di piante e dei loro derivati può essere utile nella terapia, ma spesso si verifica uno sfruttamento promozionale di piante ed erbe delle quali si vantano proprietà terapeutiche non documentate e delle quali talvolta si ignorano i possibili pericoli. La carenza di una ferrea regolamentazione, frenata anche da interessi commerciali, contribuisce alla confusione. L'equazione "naturale = benefico" è infatti spesso un semplice tranello atto ad abusare della credulità di alcune persone: anche i virus, difatti, sono naturali, come pure i funghi velenosi o la cicuta con cui Socrate si suicidò. Anche le interazioni con i farmaci tradizionali devono essere valutate con attenzione così come gli effetti collaterali.


I preparati disponibili possono essere schematicamente suddivisi in tre grandi categorie: 

  • Preparazioni  ottenute  partendo  da  pianta  essicata 
  • Preparazioni ottenute partendo da pianta fresca 
  • Preparazioni per distillazione o spremitura 


PREPARAZIONI  OTTENUTE  PARTENDO  DA  PIANTA  ESSICATA 


INFUSO

Si prepara a partire da piante essiccate ridotte a pezzi più o meno piccoli mediante lavorazioni meccaniche. Si mette il materiale in un contenitore adatto, vi si versa sopra acqua bollente e si lascia raffreddare per alcuni minuti. A questo punto si filtra tramite garza senza comprimere e si beve il  liquido risultante (si utilizzano da due a dieci parti di pianta essiccata per preparare cento parti di 
infuso). 

DECOTTO

Si prepara a partire da piante essiccate ridotte a pezzi più o meno piccoli tramite lavorazioni  meccaniche. Tale materiale si mette in acqua e si porta fino ad ebollizione, poi si lascia raffreddare, si  filtra tramite garza senza comprimere e si beve il liquido risultante (si utilizzano da due a cinque parti  di pianta essiccata per preparare cento parti di decotto). Tale metodica di preparazione non deve mai essere applicata a piante contenenti principi attivi volatili. 

TISANA

Si prepara a partire da piante essiccate ridotte a pezzi. Una tisana è composta da una miscela di piante  medicinali, tra le quali distinguiamo il rimedio base, composto da una o più piante medicinali la cui azione  medicamentosa è quella più importante, l’adiuvante, rappresentato da una pianta che ha lo scopo di rinforzare l'effetto del rimedio base, il correttivo, composto da una o più piante che hanno la funzione  di migliorare le caratteristiche organolettiche della tisana (per ogni litro di tisana si usano da dieci a  venti grammi di piante essiccate). La tisana può essere preparata per infusione, per decozione, per  macerazione o anche, in certi casi, per semplice soluzione. É importante sottolineare che il calore  dell'acqua bollente può alterare i principi attivi presenti nella pianta, riducendo in tal modo la sua  efficacia. In genere le tisane hanno un’azione curativa blanda. 

POLVERE 

È una forma farmaceutica ottenuta a partire da pianta essiccata, che viene ridotta in polvere  tramite opportune lavorazioni meccaniche. Le polveri possono essere semplici, se contengono un solo  componente, o composte se ne contengono più di uno. Le polveri micronizzate si ottengono macinando 
opportunamente la pianta essiccata e sottoponendo poi il prodotto ottenuto a setacciatura,  raggiungendo in tal modo una granulometria molto fine ed uniforme. Il loro componente predominante 
dal punto di vista quantitativo è costituito dai materiali di struttura del vegetale, in particolare cellulosa e lignine, mentre i principi attivi sono presenti in quantità piuttosto limitata, non oltre il 10% del peso del prodotto finito. Il vantaggio di questa tecnica e quello di non causare alterazioni nel fitocomplesso ad opera del calore, che si sviluppa invece durante la lavorazione tradizionale, e questo è particolarmente vero per piante che hanno dimostrato di temere le alte temperature, in particolare quelle ricche di oli essenziali. Le polveri hanno un’azione curativa che può considerarsi discreta. 

ESTRATTO FLUIDO

Si prepara a partire da pianta essiccata, mettendola a macerare in un solvente apposito, generalmente  alcool etilico, per determinati periodi di tempo. Nell’estratto fluido si procede in modo che una parte in peso del prodotto finito corrisponda a una parte in peso della pianta essiccata di partenza, e quindi esso  ha un rapporto estratto/droga di 1 : 1. É un prodotto altamente medicamentoso, poichè l’alcool è in grado di estrarre la quasi totalità del fitocomplesso presente nella pianta di partenza, anche se i processi di essiccazione possono comportare la riduzione e più raramente la perdita di uno o più dei principi attivi tipici di quella pianta, specialmente se rappresentati da sostanze fortemente volatili. L’estratto fluido ha un’azione curativa che può considerarsi discreta. 

ESTRATTO SECCO

Si prepara in genere partendo dall’estratto fluido, che poi viene fatto evaporare con metodiche  sofisticate quali la nebulizzazione, fino ad ottenere una polvere finissima ed impalpabile, che è  rappresentata in pratica solo dal fitocomplesso tipico di quella pianta (il rapporto estratto/droga varia in genere da 1 : 3 fino a 1 : 8). Grazie a questa sua concentrazione e purezza, è possibile procedere alla titolazione, che consiste nel valutare, con tecniche particolarmente sofisticate, non solo la presenza del o dei principi attivi ricercati, ma anche di determinarne esattamente la quantità. In questo modo si ottiene un prodotto di tipo farmaceutico, poichè è possibile determinare  le sostanze in esso presenti e di misurarne con precisione la quantità, ottenendo così un rimedio standardizzato e quindi sempre uguale in ogni lotto utilizzato.  L’estratto secco è dotato di un’azione curativa ottimale. 

ESTRATTO TOTALE

È costituito da una miscela di polveri micronizzate e di estratti secchi, il cui principale vantaggio consiste nel non dover aggiungere eccipienti inerti per evitare il compattamento degli estratti secchi conseguente all’umidità. Per questo motivo è molto più difficile ottenere un titolo adeguato e/o rispettare quello prescritto dalla Farmacopea, per la minor ricchezza in principi attivi causata dall'aggiunta delle polveri. L’estratto totale è dotato di un’azione curativa discreta 


PREPARAZIONI OTTENUTE PARTENDO DA PIANTA FRESCA 



TINTURA MADRE

Si prepara mettendo la pianta allo stato fresco, quindi entro poche ore dalla sua raccolta, a macerare in 
un solvente corretto, generalmente alcool etilico, per un determinato periodo di tempo. Per la preparazione delle tinture madri si fa riferimento a quanto indicato nella Farmacopea Francese o in quella Tedesca, poichè la Farmacopea Italiana non le prende ancora in considerazione. La Tintura Madre  è dotata di un grado alcolico che in genere è compreso tra i 50 e i 70°C. Durante la conservazione essa può lasciare un leggero deposito sul fondo del contenitore.  Come tutte le forme liquide, va assunta diluendola in poca acqua non gasata a temperatura ambiente e tenuta in bocca per almeno un minuto, allo  scopo di favorire l’assorbimento attraverso la mucosa della bocca. Le tinture madri hanno un’azione curativa piuttosto blanda. 

MACERATO GLICERINATI  O  GEMMODERIVATO 

Si prepara mettendo a macerare in una miscela d’acqua (20%) alcool (30%) e glicerina (50%) le parti più giovani della pianta: le gemme, i giovani getti non più lunghi di 5 cm e talvolta le giovani radici, per determinati periodi di tempo (una parte del preparato di base viene diluita con 9 parti di una miscela 
contenente il 50% di glicerina, il 30% di alcool e il 20% di acqua). Per la preparazione dei macerati glicerinati si fa riferimento a quanto indicato nella Farmacopea Francese, poichè la Farmacopea Italiana 
non li prende ancora in considerazione. È dotato di un grado alcolico di 30°C. Durante la conservazione esso può lasciare un leggero deposito sul fondo del contenitore.  Come tutte le forme liquide, va assunto diluendolo in poca acqua non gasata a temperatura ambiente e tenuta in bocca per almeno un minuto, allo  scopo di favorire l'assorbimento attraverso la mucosa della bocca. I macerati glicerinati hanno un’azione curativa discreta. 

SOSPENSIONE INTEGRALE DI PIANTA FRESCA 

É una preparazione entrata solo recentemente nell'elenco dei prodotti fitoterapici. Essa si prepara raccogliendo la pianta e sottoponendola nel più breve tempo possibile a criofrantumazione alla  temperatura di -70°C, ottenuta iniettando nel frantumatore azoto liquido alla temperatura di -196°C. Successivamente, si sottopone il materiale a pressioni elevate per estrarne i liquidi in esso contenuti e quindi anche il fitocomplesso, operando sempre a temperature estremamente basse affinché la pressione non generi calore, che potrebbe alterare alcune parti del fitocomplesso. Il prodotto ottenuto viene infine diluito in alcool a 36 gradi per stabilizzare gli enzimi già bloccati dalle bassissime temperature, perché altrimenti essi riprenderebbero a funzionare riportando il prodotto finito a temperatura ambiente. Poichè tutto il contenuto della pianta passa nella sospensione, si ottiene un estratto completo e rappresentativo del fitocomplesso. Questo prodotto è, però facilmente deperibile, per cui viene commercializzato sotto vuoto e, una volta aperto, deve essere consumato nel più breve tempo possibile e conservato al freddo. Le SIPF hanno una buon azione curativa, ma sono pressoché introvabili in Italia. 

SUCCO DI PIANTA FRESCA 

Sono preparati ottenuti meccanicamente per pressione della pianta fresca, preventivamente frantumata, e sono costituiti dai liquidi presenti nei tessuti vegetali. Essi sono commercializzati sotto vuoto senza l’aggiunta di coloranti o conservanti, e sono una forma molto semplice di somministrazione delle piante medicinali, che può essere paragonata alle polveri. Su queste hanno però il vantaggio di non aver subito l’essiccamento, capace di provocare alterazioni enzimatiche di alcuni componenti. Questo prodotto è, però facilmente deperibile, per cui viene commercializzato sotto vuoto e, una volta aperto,  deve essere consumato nel più breve tempo possibile e conservato al freddo. I succhi hanno un’azione curativa discreta. 



PREPARAZIONI PER DISTILLAZIONE O SPREMITURA 


OLI  ESSENZIALI  O  ESSENZE 

Sono forme farmaceutiche ottenute  per distillazione in corrente di vapore o per spremitura di una pianta fresca oppure essiccata. Recentemente è stata messa a punto una tecnica di estrazione basata sui gas supercritici. L’olio essenziale ottenuto è una miscela di sostanze organiche, per lo più volatili, con odore aromatico caratteristico e in genere piuttosto penetrante. Gli oli essenziali sono poco stabili: all’aria, alla luce e al calore si ossidano diventando scuri, più densi e di odore meno gradevole, inoltre sono lipofili, cioè capaci di penetrare anche in tessuti contenenti elevate quantità di sostanze grasse, generalmente liquidi, assai poco solubili in acqua ma solubili nei solventi dei grassi come alcool, etere, cloroformio e nei grassi stessi come olio di mandorle, oli di oliva e/o di semi ecc. La loro lipofilia ne consente la penetrazione nel sangue in quantità significative anche se usati per via esterna. É necessario accertarsi che gli oli essenziali usati siano purissimi e prodotti quindi da officine farmaceutiche, poichè quelli sofisticati e quelli sintetici possono essere molto più tossici. Recentemente sono stati messi a punto, per alcune essenze, i cosiddetti oli essenziali microincapsulati, che si presentano come una polvere a granulometria media, nella quale gli oli essenziali vengono fatti assorbire a particelle di materiali inerti. Gli oli essenziali hanno un’azione curativa ottimale, ma possono essere facilmente tossici se usati in modo non corretto. 







I FIORI DI BACH 


« La malattia non è né una crudeltà in sé, né una punizione, ma solo ed esclusivamente un correttivo, uno strumento di cui la nostra anima si serve per indicarci i nostri errori, per trattenerci da sbagli più gravi, per impedirci di suscitare maggiori ombre e per ricondurci alla via della verità e della luce, dalla quale non avremmo mai dovuto scostarci. »
(Edward Bach)


La base della floriterapia con i fiori di  Bach si fonda sul principio secondo il quale nella cura di una persona, devono essere prese in considerazione principalmente la prevenzione e la conoscenza dei disturbi psicologici, i quali determinerebbero i sintomi fisici. 

Il singolo fiore curerebbe il disturbo psicologico che ha causato o potrebbe causare un certo malessere fisico. Dietro ogni disturbo fisico ci sarebbe quello che viene chiamato "fiume di energia", originato a livello psicologico (come nel caso della rabbia, che viene scaricata in modi e zone del corpo differenti); pertanto, ad ogni disturbo psicosomatico, provocato dallo sfogo dell’energia, corrisponderebbe, a monte, un ben preciso disturbo dell'anima.

Sulla base di tali principi sono stati distinti 38 "tipi comportamentali" di base, ai quali corrisponderebbero 37 fiori e un’acqua di fonte, la cui energia sarebbe in grado di curare l’organismo per riportarlo in armonia; in tal modo i sintomi tenderebbero a regredire.

I rimedi floreali scoperti da Bach rilascerebbero infatti nell’acqua, se opportunamente trattati, la loro "energia" o "memoria". Bach consigliava di cogliere i fiori al massimo della fioritura e nelle prime ore del mattino di un giorno assolato; il fiore, che non doveva essere intaccato da alcunché, veniva deposto in una ciotola d’acqua pura e veniva trattato secondo uno dei due metodi riportati nelle opere del medico gallese.
Il concetto "memoria dell'acqua" non è mai stato dimostrato sperimentalmente e non è riconosciuto dalla scienza.

I primissimi fiori scoperti da Bach furono i cosiddetti "12 Guaritori", che il medico gallese iniziò prontamente a sperimentare sui suoi pazienti; gli altri 26 vennero scoperti poco tempo dopo: Bach si spense il giorno dopo aver scoperto il trentottesimo rimedio floreale e averlo sistematizzato accanto agli altri

La classificazione comprende:

I "12 guaritori"

  • Agrimony (Agrimonia), per chi nasconde ansia e tormento dietro gaiezza e cortesia;
  • Centaury (Centaurea minore), per chi, debole e ansioso di piacere, viene sfruttato dagli altri;
  • Chicory (Cicoria), per chi è possessivo e si ricatta gli altri perché stiano con lui;
  • Rock Rose (Eliantemo), per chi è preso da grande paura e panico;
  • Gentiam (Genzianella autunnale), per chi si abbandona al pessimismo, si scoraggia e si deprime per motivi sconosciuti.
  • Mimulus (Mimolo giallo), per chi ha paura delle cose del mondo;
  • Impatiens (Balsamina), per chi è impaziente e non sopporta interferenze nel suo ritmo;
  • Cerato (Piombaggine), per chi non ha fiducia in sé e chiede continuamente consiglio;
  • Scleranthus (Fiorsecco, Scleranto o Centigrani), per chi è indeciso tra due vie e si abbandona all'insicurezza;
  • Vervain (Verbena), per chi si lascia trasportare troppo dall'entusiasmo e dal fanatismo;
  • Water Violet (Violetta d'acqua), per chi è orgoglioso e ama stare da solo;
  • Clematis (Vitalba), per chi sogna ad occhi aperti, è indefferente alla vita e fugge dalla realtà.

I "7 aiuti":

  • Rock Water (acqua di roccia), per chi si autoreprime e finge rigidità morale per essere d'esempio;
  • Wild Oat (Forasacco o Avena selvatica), per chi è scontento o insicuro sul ruolo da svolgere nella vita;
  • Heather (Brugo o Erica), per chi odia la solitudine e attacca bottone usando gli altri;
  • Gorse (Ginestrone), per chi prova grande disperazione e si sente senza speranza;
  • Olive (Olivo), per chi è completamente esausto a causa dello stress o della fatica mentale;
  • Oak (Quercia), per chi lotta contro le difficoltà ma senza la speranza di farcela;
  • Vine (Vite), per chi prova desiderio e ambizione di dominare inflessibilmente sugli altri.


I "19 assistenti":

  • Holly (Agrifoglio), per chi ha sfiducia nel prossimo, prova invidia e odio;
  • Honeysuckle (Caprifoglio), per chi si rifugia nella nostalgia del passato, ricordando solo le cose belle;
  • Hornbeam (Carpino bianco), per chi si sente stanco, debole, e dubita delle sue capacità di fronte ad un problema;
  • White Chestnut (Ippocastano bianco), per chi ha pensieri e preoccupazioni costanti e indesiderati;
  • Sweet Chestnut (Castagno dolce), per chi prova un'angoscia estrema, una disperazione con coraggio, però, che non tende al suicidio;
  • Red Chestnut (Ippocastano rosso), per chi prova apprensione per gli altri e si aspetta sempre il peggio;
  • Beech (Faggio), per chi è intollerante, polemico e arrogante;
  • Chestnut Bud (Gemma di Ippocastano bianco), per chi ripete sempre gli stessi errori e non vuole crescere;
  • Larch (Larice), per chi ha paura di fallire ed è affetto da complessi di inferiorità;
  • Crab Apple (Melo selvatico), per chi si sente sporco, nel corpo o nella mente;
  • Cherry Plum (Prugno), per chi ha paura di perdere la ragione;
  • Walnut (Noce), per chi deve affrontare grandi cambiamenti (es. pubertà, menopausa, vecchiaia);
  • Elm (Olmo inglese), per chi si sente momentaneamente sommerso di responsabilità;
  • Pine (Pino silvestre), per chi tende a caricare su di sé anche le colpe altrui;
  • Aspen (Pioppo), per chi ha paura di cose vaghe, indistinte, e senza motivo;
  • Wild Rose (Rosa canina), per chi si abbandona alla rassegnazione e all'apatia;
  • Willow (Salice giallo), per chi prova amarezza e risentimento;
  • Mustard (Senape selvatica), per chi è ammalato di depressione, anche passeggera;
  • Star of Bethlehem (Latte di gallina), per chi ha provato ogni tipo di shock o dolore fisico, mentale ed emotivo.

Il rimedio di emergenza, chiamato Rescue Remedy, inoltre, è una miscela di cinque fiori, che sarebbe utile in occasioni di fortissimi stress psico-fisici, esperienze forti, situazioni di consapevolezza o di panico. Oltre che per bocca, questo rimedio può essere applicato (in caso di svenimenti, ad esempio) anche sulle tempie o sui polsi. Consiste in una miscela di:

    * Star of Betlehem, contro lo shock improvviso;
    * Rock Rose, contro il panico o il terrore;
    * Impatiens, per riportare la calma;
    * Clematis, contro la tendenza a cedere, la sensazione di allontanamento appena prima di svenire
    * Cherry Plum, contro la paura di perdere il controllo, di andar fuori di testa.

MODALITA’ D’USO

In commercio solitamente si trovano le boccette con la tintura madre del fiore da 7,5ml, 10ml o 20ml. A partire da queste si otterrà la bottiglia da assumere quotidianamente.
Per farlo basta prendere una boccetta da 30ml (preferibilmente dotata di contagocce) che si riempirà per due terzi di acqua e per un terzo di brandy, cognac o aceto di mele (sostanze che hanno la funzione di conservare e di stabilizzare la diluizione). A questo preparato si andranno ad aggiungere due gocce per ogni fiore che si desidera utilizzare. Bach sconsigliava di non andare oltre i sette fiori per boccetta, ma esistono anche terapisti che prescrivono quantità più ingenti, fino ad un massimo di dodici fiori per diluizione.

Si assumeranno quotidianamente quattro gocce, in quattro momenti della giornata: quattro gocce al mattino a stomaco vuoto, quattro a metà mattina (almeno mezz'ora prima del pranzo), quattro nel pomeriggio e quattro prima di coricarsi. Non è necessario che gli orari siano sempre gli stessi, anche se quest'ultima ipotesi è consigliata (soprattutto per quanto riguarda la prima e l'ultima assunzione). I fiori possono essere tenuti sotto la lingua qualche secondo oppure deglutiti direttamente; non contenendo, infatti, alcun principio attivo chimico, non è necessario che il fiore entri nella circolazione sanguigna per essere efficace.

I fiori, sia le tinture che le diluizioni, vanno tenuti assolutamente lontani almeno un metro da fonti di campi elettromagnetici e microonde, anche se spenti (cellulari, computer, forni a microonde, radiosveglie); questo tipo di onde, infatti, disturberebbero la vibrazione propria del fiore, rendendolo inutile.